La bici appoggiata accanto alla panchina, lo smartphone in tasca e un libro da sfogliare. Quando vuole rilassarsi, Lorenzo Bises pedala fino alla Rotonda della Besana, in zona Guastalla. «È il mio luogo del cuore, ci andavo da bambino insieme alla nonna». Content creator, divulgatore artistico, un podcast, una newsletter, il libro e una rubrica sul quotidiano Il Giorno. «Sono molto impegnato, ne sono davvero felice. Cerco di organizzarmi al meglio, programmo gli impegni in anticipo. Gestisco tutto da solo, dai contatti con le aziende alla ricerca dei contenuti».
Bises, mille attività e tanto lavoro. Come si definisce?
«Difficile dirlo, non esiste un albo per le attività social. Cerco di volare basso, mi definisco un content creator. Provo a raccontare quello che vedo e vivo tutti i giorni».
Come sceglie i luoghi di Milano da raccontare?
«Cerco, approfondisco, a volte li scopro camminando per la città. Ho
un’agenda dove mi appunto tutto, anche idee varie. E poi aggiungo i dettagli sui luoghi da visitare».
Dove li cerca?
«Mi informo tra libri e internet, il resto l’ho studiato negli anni
all’Università. Sono laureato in Storia dell’Arte. Provo a organizzare
il lavoro in chiave editoriale. Aspetto di andare in un posto, osservo,
scopro e solo alla fine pubblico le storie su Instagram. Spesso,
apprendo nuovi dettagli semplicemente andando lì».
Conta oltre 60mila follower, un traguardo importante.
«Lavoravo in un’agenzia di moda. Durante il primo lockdown, l’azienda è stata liquidata e sono stato licenziato. Dovevo scegliere cosa fare. Sui social sono sempre stato attivo, avevo circa 25mila follower e prima ancora raccontavo le mie giornate su un blog. Ho scelto di puntare su di me, per fortuna è andata bene».
Possiamo dire che Milano è la sua città del cuore?
«Sono nato a Roma, ho vissuto a Melegnano, poco fuori città. Poi mi sono trasferito. Amo anche Venezia, Torino. Abbiamo la fortuna di vivere in un Paese bellissimo. Ho girato il centro Italia quest’estate, ma le mie radici sono a Milan».
C’è un luogo della città a cui è più affezionato?
«La Rotonda della Besana per il valore affettivo. Poi amo la Chiesa di Santa Maria
alla Porta, è un posto nascosto, lo si trova passando in una vietta stretta. Era stata
bombardata durante la Seconda Guerra Mondiale e successivamente ristrutturata».
Raccontare la città l’ha avvicinata al pubblico.
«Passeggiare guardano piazza, palazzi, vie, angoli nascosti. E anche le
persone. Spesso traggo ispirazione così. Con chi mi segue c’è quasi
un’affinità di spirito. Ed è la cosa di cui vado più fiero».