Sono trascorsi tre mesi da quando Mahsa Amini, 22 anni di Saqqez, nell’Iran nord-occidentale a maggioranza curda, è stata arrestata dalla polizia morale di Teheran e uccisa per non aver indossato correttamente il velo. Sono trascorsi tre mesi dalla prima grande protesta nazionale quando le prime timide donne sono scese in piazza per manifestare contro un regime fatto da oppressione e repressione. Sono trascorsi tre mesi da quando l’inno “Donna, vita, libertà!” ha rivoluzionato il mondo e ha occupato le prime pagine di tutti i giornali internazionali.
Ad oggi, le proteste non si sono mai fermate, ma anzi hanno preso ancora più forza e intensità. Nella notte passata, musica e danza hanno risuonato nelle città di Gorgan, Sanandaj e Isfahan, oltre alla capitale iraniana: anche stavolta però sono finite nella repressione e nel sangue.
IL BACIO PROIBITO NELLE STRADE DI TEHERAN
Tra decine di persone, tra violenza e confusione, un momento di speranza. Un ragazzo e una ragazza, mano nella mano, si baciano in mezzo ad una strada trafficata di Shiraz, nella parte centro-meridionale dell’Iran. Un momento così intimo e privato in tanti altri contesti, in Iran diventa il simbolo di una rivoluzione: libertà, trasgressione, coraggio, voglia di vivere una vita normale, che nel paese oggi sembra essere solo un miraggio. La foto è stata scattata da un utente anonimo e rompe uno dei tanti tabù imposti dalle leggi della Repubblica Islamica che si basa sull’interpretazione della Sharia: il bacio è proibito, perché considerato “un atto contro la morale”, proprio quella morale che ha arrestato Mahsa Amini. Il bacio in questione poi, è proibito perché in pubblico e la ragazza non indossa lo hijab. Il gesto potrebbe costare l’arresto, se non peggio.
LE PROTESTE SI INTENSIFICANO
In otto settimane ci sono stati 14mila arresti, 334 i morti tra cui 52 minorenni e 40 poliziotti, secondo l’agenzia di stampa iraniana Hrana per i diritti umani. All’inizio di novembre il parlamento iraniano ha votato una legge che prevede la condanna a morte per chi compie crimini contro lo stato: alcune persone sono state già condannate a morte per il loro coinvolgimento nei disordini.
Le proteste si sono ancora più intensificate da martedì scorso, in occasione delle commemorazioni delle rivolte del 2019, quando furono uccise circa 1.500 persone che protestavano per l’aumento del prezzo del carburante. Una repressione terribile messa in atto dal regime oscurantista degli ayatollah, che viene chiamato “novembre di sangue”, il Bloody Aban.
“Il bacio è il senso della nostra rivoluzione”, ha scritto un utente sui social network. Proprio a Shiraz, una delle città più liberali del paese e tra le più attive nelle proteste. I manifestanti si sono rivolti verso l’abitazione dell’ayatollah Khamenei, al grido di “Jin Jiyan Azadi”. Si celebra la vita e la libertà da tutte le oppressioni nelle vie affollate del paese.
Non solo proteste, ma anche scioperi. A Teheran è stato chiuso il Grand Bazaar, ma risultano chiuse anche fabbriche e scuole. In un altro centro commerciale della capitale alcuni negozianti hanno gridato “morte al dittatore”, riferendosi al leader supremo dell’Iran, Ali Khamenei.