La linea francese non cambia. La richiesta di estradizione dei 10 ex militanti rossi, condannati in Italia per reati compiuti durante gli anni di piombo, è stata negata. La Corte d’Appello di Parigi ha deciso di confermare la dottrina Mitterrand, nonostante l’impegno di Macron e il lavoro degli uffici dei guardasigilli Marta Cartabia ed Eric Dupond-Moretti.
La decisione della Corte
Provenienti da diverse formazioni armate dell’estrema sinistra, i dieci ex militanti erano stati arrestati o si erano costituiti nella primavera del 2021, nell’ambito dell’operazione “Ombre rosse”. Da allora sono stati in libertà vigilata.
La Corte ha spiegato che la decisione si è basata sugli articoli 6 e 8 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, che riconoscono il diritto a un processo equo e quello alla vita familiare.
Il governo francese ha cercato di ottenere dall’Italia la garanzia che i condannati in contumacia per fatti di terrorismo fossero sottoposti a un nuovo processo dopo l’estradizione. Richiesta non accolta dal governo italiano. Da qui la decisione della presidente della Corte d’Appello francese, Pascale Belin, che non coglie di sorpresa il ministero della Giustizia di Roma: non ci sarà l’estradizione. I 10 ex militanti non verranno riconsegnati alle autorità italiane.
La dottrina Mitterrand
Nel corso delle udienze che hanno anticipato la sentenza, gli imputati hanno parlato ai giudici di come in questi decenni abbiano costruito una vita in Francia. Hanno lavorato, avuto figli e nipoti, e questo grazie alla protezione della dottrina Mitterrand: l’ex presidente socialista, negli anni Ottanta e Novanta, non concesse l’estradizione a persone imputate o condannate, ricercate per «atti di natura violenta ma d’ispirazione politica», contro qualunque Stato, purché non diretti contro la Francia.
Il presupposto, intollerabile per Roma, era che i processi italiani, specie ai tempi del vecchio codice di procedura e delle leggi speciali antiterrorismo, non garantissero pienamente le difese.
Assente in aula Pietrostefani, condannato per l’omicidio Calabresi
Erano tutti in aula al momento della lettura della decisione della Corte, tranne Giorgio Pietrostefani. Il 78enne è uno dei fondatori di Lotta Continua, condannato in Italia a 22 anni, insieme ad Adriano Sofri, come mandante dell’omicidio del commissario Calabresi, avvenuto nel 1972. Reato per il quale si è sempre dichiarato innocente.
Duro il commento di Mario Calabresi, figlio del commissario: «la sentenza ha il sapore amaro del sistema francese, che per decenni ha garantito l’impunità a un gruppo di persone che si sono macchiate di reati di sangue».