Piazza Sempione piano piano si riempie davanti all’Arco della Pace. Persone di ogni età e generazione stanno accorrendo da ogni parte della città per svagarsi ascoltando buona musica all’ora del tramonto. Ma questa non è solo un’occasione di svago e spensieratezza. I Frassi and the boomers, band composta da amici provenienti da Bollate, stanno collegando le chitarre agli amplificatori e ultimando i dettagli prima della loro esibizione.
La band, sempre attenta a ciò che succede nel mondo e ai temi di attualità, è tornata a suonare e cantare dal vivo in giro per Milano, dopo la pausa obbligata dal Covid-19. Ed è tornata ancora più determinata che mai, devolvendo i soldi e le offerte raccolti durante i loro concerti, ad iniziative per aiutare i rifugiati. Una di queste è una campagna sulla piattaforma gofundme, ovvero una raccolta di crowdfunding chiamata “Fratelli d’Ucraina”, per provvedere ad alcune spese per il cibo e l’abbigliamento. Una campagna di crowdfunding è un processo di finanziamento collaborativo di più persone che utilizzano il proprio denaro per sostenere attività e iniziative.
LA MUSICA APRE LE PORTE
«La musica deve essere l’unica arma per abbattere i muri – racconta Gianluca Frassinelli, cantante della band, laureato in Relazioni Internazionali. – Suonare per strada, regalare sorrisi ai bambini, creare atmosfere piacevoli, far divertire le persone che vengono a sentirci. Questo è il nostro obiettivo. Ma cerchiamo anche di sostenere chi ha più bisogno di aiuto, sia pratico/quotidiano, sia psicologico e di supporto. Sono una persona fortunata circondata da tanto amore e ho l’obbligo di restituirne almeno metà». Gianluca, infatti, ha scelto di fare un passo in più: ha aperto la sua casa a persone sconosciute per offrire loro un aiuto. Non solo: ha aperto anche e soprattutto il suo cuore, e sta conoscendo sempre di più la ricchezza d’animo. Gianluca ha ospitato nella sua abitazione a Bollate (MI) quattro persone che sono scappate dalla guerra in Ucraina in cerca di pace. La famiglia Frassinelli composta da Gianluca, sua moglie Federica e i loro figli Lorenzo, Marta ed Edoardo, è stata una delle prime ad ospitare in Italia cittadini ucraini che non avessero già un supporto o un parente in Italia, ma dovevano ricominciare da zero.
L’ACCOGLIENZA A CASA
«Vedendo le prime immagini della guerra in televisione a fine febbraio e tutto ciò che stavano passando queste povere persone, sarei voluto partire, andare subito a prenderle e portarle in Italia. Poi ho deciso di agire tramite i canali ufficiali». Esordisce così Gianluca che, appena si è reso conto che le istituzioni non avrebbero sostenuto il loro progetto economicamente, poiché non c’erano accordi finanziari con il governo, ha deciso di contattare il Consolato Ucraino a Milano.
LA FAMIGLIA UCRAINA
Intanto, a circa 2.190 chilometri di distanza, precisamente a Vasylkiv a sud di Kiev, la signora Maria di 60 anni, sua figlia Nastia e i nipoti Vlad e Makar sono scappati dalla propria casa alle cinque del mattino, svegliati improvvisamente dal rumore inconfondibile dei primi bombardamenti. È il 24 febbraio ed è appena iniziata l’invasione della Russia. Il marito di Nastia, Sergey li ha accompagnati nel cuore della notte al confine con la Romania, ma non è potuto uscire dal paese: deve rimanere a combattere per la patria. Dopo essere fuggiti, i quattro profughi hanno passato una notte in una tendopoli, poi hanno preso un pulmino per l’Italia. Hanno lasciato la loro casa distrutta, hanno vissuto per strada, dormendo ovunque potessero, e infine sono stati anche derubati e lasciati in Serbia. E poi fortunatamente, hanno incontrato una ragazza che ha subito contattato il Consolato Ucraino.
LA VITA IN ITALIA
«Il giorno successivo a quello che ho chiamato il Consolato, offrendomi di ospitare chiunque avesse avuto bisogno, sono stato subito ricontattato dal Console che mi ha riferito che quattro persone cercavano disperatamente aiuto. È stata una coincidenza inaspettata e straordinaria», dichiara Gianluca. Un’occasione giusta al momento giusto. La famiglia ucraina è arrivata in Italia il 3 marzo, il giorno dopo era già a casa Frassinelli. Gianluca e sua moglie Federica si sono occupati di tutte le pratiche burocratiche, dall’ospitalità alla vaccinazione anti-Covid. E la famiglia, da cinque componenti adesso è passata a nove.
La convivenza in casa è tranquilla, i bambini vanno d’accordo e si divertono, sebbene siano un po’ scossi da questa strana situazione che stanno vivendo. «Nastia è come se fosse una sorella di mia moglie, loro adesso sono parte della mia famiglia». Lo svolgimento della vita quotidiana non è un problema, la figlia Marta ha lasciato volontariamente la sua cameretta agli ospiti, la moglie Federica è andata più volte a fare la spesa insieme a Nastia per prendere il cibo che può piacere anche a persone che hanno una cultura totalmente diversa da quella italiana. L’ostacolo più grande invece è la lingua: solo il figlio maggiore Vlad parla un po’ di inglese ed è necessario ricorrere a Google Translate. Quando è arrivato in Italia, Vlad aveva 17 anni, mancava solo un mese al suo 18esimo compleanno: proprio questo mese in meno gli ha permesso di non rimanere nel suo paese a combattere.
NON SOLO LA FAMIGLIA FRASSINELLI
Da inizio marzo ad oggi, un po’ di tempo è passato, e i Frassinelli non sono più i soli ad aver ospitato rifugiati di guerra a Bollate: sono undici le famiglie ospitanti che hanno seguito il loro esempio e hanno aperto le porte delle loro case a 30 ospiti, di cui 17 minori. «Queste altre famiglie bollatesi hanno bisogno di un supporto economico, e proprio per questo abbiamo attivato il progetto con la campagna di crowdfunding. Credo che sia normale avere paura di ospitare qualcuno che non si conosce, ma ho provato a mettermi dall’altra parte. Se io dovessi portarti al confine, e dovessi salutarti lì, vorrei che al di là ci fosse qualcuno ad accoglierti».