«La nostra struttura (ndr) non rispecchiava più il modo in cui il pubblico interagiva con i nostri contenuti». Questa constatazione di Roger Lynch, CEO di Condé Nast dal 2019, è il punto di partenza della trasformazione che ha investito Condé Nast, la casa editrice americana di riviste come “Vanity Fair”, “GQ” e “Vogue”, e che ha portato i bilanci della società dall’avere un passivo di 120ml di dollari nel 2017 ad un attivo di 2mld di dollari nel 2021. Essa è anche una delle prime dichiarazioni che Lynch ha rilasciato a Kara Swisher, giornalista del New York Times, la quale lo ha intervistato proprio per farsi raccontare il segreto di questo successo.
LIMITARE L’INEFFICIENZA E CONDIVIDERE GLI STESSI VALORI
Roger Lynch ha innanzitutto unito in un’unica struttura le due compagnie che componevano Condé Nast: una che si occupava del mercato americano, l’altra del resto del mondo; limitando così le inefficienze esistenti nella produzione dei contenuti, che ora è in parte centralizzata, e andando incontro al pubblico, la cui fruizione dei contenuti è sempre più «borderless» (senza confini, ndr).
Questa decisione ha comportato anche un ridimensionamento dell’organico della casa editrice, snellito attraverso licenziamenti e il ricorso alla cassa integrazione e alleggerito con l’abbassamento degli stipendi: chi percepiva un reddito superiore ai 100.000$ all’anno (quasi la metà degli impiegati), lo ha visto diminuire di una percentuale tra il 10% e il 20%; Roger Lynch stesso ha ridotto il suo salario del 50%.
Inoltre, ha cambiato 8 delle 10 persone che componevano il team esecutivo della casa editrice, che era dominato, come da lui affermato, da una forte competizione interna e da una componente maggioritaria di uomini bianchi. Il CEO durante l’intervista ha dichiarato: «Non volevo lavorare in un posto così. Non intendo dire che non si può avere successo con una cultura del genere, ma non credo in essa e non potevo guidare una compagnia in questo modo. […] Cercavo persone che avessero valori e tipo di cultura simili ai miei. In secondo luogo, che avessero un’esperienza globale». Oggi, il team esecutivo è composto da 7 donne, con rappresentanze anche delle comunità di colore e LGBTQ.
IL PASSAGGIO DA MAGAZINE COMPANY A DIGITAL COMPANY
«Dovremmo fare in modo di essere lì dove l’audience si aspetta che sia il nostro brand»
(Roger Lynch)
I cambiamenti rappresentano quello che la compagnia è diventata negli ultimi anni e che i numeri testimoniano. Condé Nast è attiva in 31 Paesi e le riviste che fanno capo ad essa raccolgono 70 milioni di abbonamenti cartacei e hanno circa 370 milioni di visitatori unici su sito e 461 milioni di follower sui social. Questo per Lynch significa che la carta ricopre sempre un ruolo importante (gli abbonamenti a riviste come “The New Yorker” e “Wired” sono cresciuti negli ultimi anni), ma anche che internet e tutto ciò che ad esso è connesso sono la tendenza del presente e quella del futuro.
Per questo tra le new entries del team esecutivo troviamo persone come Agnes Chu, ex Head of Content per Disney+, nel ruolo di presidente della sezione intrattenimento, creata nel 2011 per la produzione di video, podcast e prodotti per il cinema e la televisione; e come Deirdre Findlay, capo del marketing, la quale ha lavorato in precedenza per Google e per Stitch Fix, servizio online di consulenza per l’acquisto di capi di abbigliamento.
In aggiunta, Lynch ha deciso di investire ogni anno il 10% dei ricavi di Condé Nast in tecnologia, in produzione di contenuti per aumentare le sottoscrizioni online e in potenziamento dell’e-commerce, con la vendita di confezioni regalo e prodotti per la cura personale. L’obiettivo è far sì che entro il 2024 il 30% delle entrate della casa editrice provenga dai lettori.
IL RAPPORTO CON LE PIATTAFORME ONLINE E I SOCIAL
«Penso che ci sia sempre una fetta di mercato per i contenuti di qualità. Ed è qui che noi ci collochiamo»
(Roger Lynch)
Per quanto riguarda il rapporto con i social e con le piattaforme collegate a Big Tech, come YouTube, Roger Lynch sta cercando di instaurare con esse un’interazione virtuosa. Infatti, rappresentare riviste solide e affermate e produrre contenuti di qualità, secondo lui, garantisce a Condé Nast di essere desiderabile per le piattaforme. Queste, da parte loro, innanzitutto non si occupano di creazione di contenuti, ma si rivolgono spesso a soggetti terzi. Inoltre offrono alla casa editrice la possibilità di arrivare ad un pubblico vastissimo, che essa non riuscirebbe a raggiungere da sola.