Strage di Bologna: condannato il quinto uomo

Arriva dopo 42 anni la quinta condanna per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. La sentenza di primo grado stabilisce l’ergastolo per Paolo Bellini, 68 anni, ex militante fascista ed esponente del gruppo eversivo Avanguardia Nazionale.

Dopo l’esplosione alla stazione di Bologna nel 1980
«L’uomo del video è sicuramente lui»

Se non fosse stato per la testimonianza dell’ex moglie, probabilmente non si sarebbe mai arrivati alla condanna per Paolo Bellini, anche se il suo nome era già saltato fuori negli anni’80. Il suo viso somigliava a quello di un uomo che era stato visto allontanarsi in fretta dalla zona dell’esplosione. Allora la donna gli fornì un alibi, affermando che il marito non avrebbe potuto partecipare alla strage perché a quell’ora si trovava a Rimini con la famiglia.

Il suo viso, però, è rispuntato fuori tre anni fa durante il processo a Gilberto Cavallini, anche lui ex terrorista fascista e condannato in primo grado all’ergastolo. Ad incriminarlo sono stati sette fotogrammi, misteriosamente scomparsi da un video girato dopo lo scoppio e che sono stati ritrovati tra i faldoni dell’inchiesta.

La procura riconvocò l’ex moglie, che ammise di aver mentito: «La verità è che Paolo la mattina del 2 agosto arrivò a Rimini molto tardi. L’uomo nel video è lui, sicuramente. Lo riconosco dalla fossetta sulla guancia».

I primi soccorsi dopo l’esplosione alla stazione di Bologna nel 1980
Sempre più vicini alla verità

Per Elly Schlein, vicepresidente dell’Emilia-Romagna, si tratta di un fondamentale passo avanti, che si è compiuto anche grazie alla digitalizzazione dei materiali raccolti per le indagini. Per le famiglie delle 85 vittime è solo un inizio.  Bisognerà accertare anche le responsabilità politiche.

Secondo l’accusa Bellini avrebbe compiuto la strage in concorso con le altre persone già condannate: oltre a Gilberto Cavallini, Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Sarebbero stati coinvolti anche gli ormai defunti Licio Gelli, fondatore e capo della loggia massonica segreta P2, Umberto Ortolani, suo braccio destro, Federico Umberto D’Amato, direttore dell’Ufficio affari riservati del Ministero dell’Interno, e Mario Tedeschi, del Movimento Sociale Italiano (MSI).

Nel processo sono state presentate le famose carte sequestrate tra la villa di Gelli e la Svizzera, dove era scappato dopo che la loggia segreta era stata scoperta.

Le carte testimonierebbero il coinvolgimento della politica nei fatti di Bologna, attraverso diverse note di versamenti a vari esponenti della destra eversiva. Un’altra prova fondamentale è il noto verbale riservato degli avvocati di Gelli. In visita al ministero dell’Interno, intimavano nel 1987 di andarci piano con le indagini sulla strage della stazione, altrimenti «lui avrebbe tirato fuori gli artigli».

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore

Per il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, «Questa condanna dimostra un filo nero che collega una strategia eversiva che ha tenuto in scacco il nostro Paese per molti anni e gli ha rubato la libertà, inquinando la vita stessa dei cittadini italiani».

Lepore ha poi sottolineato che il 2 agosto non riguarda solo i bolognesi, ma l’intero Paese: «Credo che le coscienze politiche e istituzionali debbano seriamente riflettere su questo risultato».

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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