Ospite da Fazio in TV la giornalista russa contro la guerra

“I russi sono contro la guerra”, così l’ex giornalista dell’emittente russa Canale Uno, Marina Ovsyannikova, ribadisce da Fabio Fazio, a Che tempo che fa, lo stesso messaggio che ha voluto trasmettere il 14 marzo mostrando in diretta un cartello contro la guerra. La giornalista rischia fino a 15 anni di carcere e una multa da 30.000 a 50.000 rubli, per non essersi allineata alla narrazione ufficiale del Cremlino e per essersi opposta pubblicamente all’invasione dell’Ucraina. La scritta sul poster, che ha mostrato alle spalle della collega, era rivolta in parte a tutto il mondo: «Fermate la guerra» e in parte ai propri connazionali «Non credete alla propaganda. Vi stanno mentendo».

I russi sono “zombizzati”

Durante il collegamento la giornalista russa non ha mostrato segni di pentimento per il suo gesto, anche se non ha nascosto la paura per sé e per i suoi cari.

Marina Ovsyannikova non nega che l’invasione di Putin abbia consensi in patria, ma ha descritto anche la propaganda in cui sono immersi i russi da quando è scoppiato il conflitto. «Adesso dalla mattina alla sera abbiamo degli show politici dove si parla male dell’Ucraina e dove si dice che questo Paese deve scomparire – ha aggiunto -. Le persone sono “‘zombizzate” da questa propaganda».

La disinformazione è un altro ingrediente fondamentale per alimentare il consenso. Per i russi è diventato estremamente difficile sapere cosa sta accadendo in Ucraina. Le informazioni sono poche e tutte diffuse da media che non si oppongono al governo e alla sua narrazione ufficiale.

Oltre ad avere chiuso giornali di opposizione e bloccato le piattaforme social, il Cremlino ha anche introdotto una legge che prevede fino a 15 anni di prigione per chi diffonde disinformazione.

Minacce all’informazione libera

La Russia non è l’unico Paese in cui un governo autoritario usa la violenza legislativa per censurare i giornalisti. Russia, Cina, Myanmar, Egitto e Bielorussia sono alcuni dei Paesi in cui leggi sempre più stringenti, sono ufficialmente scritte per contrastare la disinformazione. In realtà, però, vengono usate per seppellire le verità che non piacciono ai governi.

Nel 2021 il numero di reporter incarcerati in tutto il mondo ha raggiunto il record di 293. Quando un giornalista mette in discussione persino la linea ufficiale del governo in alcuni Stati rischia violenza legale, sanzioni e violenza sui social. Nei casi peggiori si arriva alla censura, alla chiusura dei giornali, al carcere e persino alla morte.

Elisa Campisi

SONO GIORNALISTA PRATICANTE PER MASTERX. MI INTERESSO DI POLITICA, ESTERI, AMBIENTE E QUESTIONI DI GENERE. SONO LAUREATA AL DAMS (DISCIPLINE DELL’ARTE DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), TELEVISIONE E NUOVI MEDIA. HO STUDIATO DRAMMATURGIA E SCENEGGIATURA, CONSEGUENDO IL DIPLOMA TRIENNALE ALLA CIVICA SCUOLA DI TEATRO PAOLO GRASSI.

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