La solidarietà di tutto il mondo con l’Ucraina si espande su vari livelli. Non solo dichiarazioni dal mondo politico, prese di posizione nella moda, mobilitazioni dello sport: anche il settore del food&beverage prende le distanze dalla Russia, modificando i nomi dei drink che rimandano al paese invasore. Le parole vengono utilizzate come armi in una guerra che mira ad eliminare cose e persone.
Gli Stati Uniti hanno voluto protestare contro l’invasione russa nell’ambito della mixology, ovvero l’arte del bere miscelato: in molti bar americani, il celebre drink “Moskow Mule” non esiste più, ma ha cambiato nome in “Kiev Mule” o “Snake Island Mule”, in riferimento all’isola ucraina nel mar Nero. Proprio in questo piccolo avamposto, tredici militari ucraini sono sopravvissuti lo scorso 24 febbraio ai bombardamenti dei russi che avevano intimato loro di arrendersi.
Una mossa di grande impatto simbolico, che ha incluso anche il “Caipiroska”, trasformatosi in “Caipi Island”, il “White Russian” in “White Ukrainian” ed il “Black Russian” in “Black Ukrainian”. Questi cambiamenti linguistici non provocano naturalmente conseguenze dal punto di vista economico, ma hanno soprattutto un valore simbolico, per colpire l’identità e la cultura russa. Infatti oggi, molte marche famose di vodka non sono prodotte in Russia. La questione della cancellazione dei nomi si allinea alle azioni che vogliono boicottare i prodotti targati Russia, in primis la vodka, che non è più la benvenuta nei bar in giro per il mondo.
#BOYCOTTVODKA
Negli Stati Uniti, i governatori dell’Ohio, New Hampshire e Utah hanno deciso di rimuovere le bottiglie di vodka dai supermercati. In Kansas, la Jacob Liquor Exchange ha tolto oltre cento bottiglie di vodka russa dagli scaffali, versandole per terra. Il senatore repubblicano Tom Cotton è andato un po’ oltre, scrivendo su Twitter: “Getta tutta la vodka russa e, insieme a munizioni e missili, invia le bottiglie vuote in Ucraina da utilizzare per le molotov”.
Ma non solo in America. Anche in Nuova Zelanda la catena di liquori The West Auckland Trusts rimuoverà tutti i prodotti russi, e metterà al loro posto bandiere ucraine. Lo stesso faranno Dan Murphy’s e BWS in Australia. In Italia, l’enoteca Bernabei di Roma ha deciso che sono più importanti i diritti umani e la pace, rispetto al valore economico: ha infatti sospeso la vendita delle bottiglie di vodka prodotte in Russia. Sulla pagina Facebook è apparso un comunicato dove l’azienda “condanna inequivocabilmente l’azione militare in Ucraina e comunica di aver rimosso con effetto immediato dal proprio portale online tutti gli alcolici di fabbricazione e marca russa”. “Nonostante tali etichette rappresentino circa il 25% del fatturato della categoria di riferimento, -continua il comunicato- in un periodo storico simile, le valutazioni sule performances devono necessariamente lasciare spazio al valore etico più alto del ripudio di un conflitto bellico”.
LA STORIA DEL MOSKOW MULE
Che poi il Moskow Mule non è di origine russa, ma è stato sperimentato per la prima volta a Los Angeles nel 1941. John G. Martin era un americano che a quel tempo aveva acquisito per 14 mila dollari la Smirnoff, azienda allora molto piccola che produceva vodka russa: l’incontro con il barman Jack Morgan, gestore del locale di Hollywood Cock’n Bull cambia la storia. Da una parte, l’imprenditore che sta provando a pubblicizzare la nuova azienda e vuole invitare gli americani a bere vodka, dall’altro il barman che intende promuovere la sua produzione di ginger beer. Decidono quindi di mixare gli ingredienti e servire il cocktail che ne viene fuori in alcune tazze di rame (Le prime usate avevano un mulo impresso davanti). Ne esce uno dei drink più popolari della storia. Negli anni Cinquanta, la vodka inizia a sgorgare a fiumi sui tavoli dei pub americani ed il Moskow Mule diventa sempre più richiesto.
LA CANCEL CULTURE
Ma non è il primo boicottaggio alcolico in tempo di guerra. Nel 2003, quando George W. Bush decise di invadere l’Iraq, la Francia si oppone. Alcuni politici decisero di boicottare il vino francese e rinominando le patatine fritte, da “French fries” a “Freedom fries”. Tutto questo fa parte di un concetto ben più ampio, quello della cancel culture, ovvero un meccanismo di boicottaggio con il quale persone o cose, visti come simboli di correnti culturali molto riconoscibili, vengono cancellati nella realtà e sui social network. Nel caso della vodka, si tratta di una presa di posizione per ritirare dalla circolazione il prodotto made in Russia. Quale sarà la prossima mossa? E il prossimo nome che sarà cancellato quale sarà? L’insalata russa o Ignazio La Russa?