La Commissione Europea ha approvato l’European Chips Act. Si tratta di un pacchetto di leggi che ha l’obiettivo di raddoppiare la produzione di microchip e semiconduttori in Europa e conquistare il 20% del mercato mondiale entro il 2030. L’investimento totale previsto è di 43 miliardi di euro. Sono tre gli obiettivi fondamentali: rafforzare la ricerca, garantire l’approvvigionamento e aumentare il coordinamento tra l’Unione e i singoli Stati, con la possibilità di controllare le esportazioni.
Nel dettaglio, per realizzare i suoi obiettivi l’Unione europea prevede di investire 10 miliardi di euro. A questi ne saranno aggiunti altri 5 provenienti da investitori privati e altri 30 dai programmi che l’UE ha già messo in atto, come il Next generation Eu e Horizon.
Il mercato strategico dei semiconduttori
I semiconduttori sono al centro di una sfida globale. E se i paesi asiatici dominano il mercato (Taiwan, Giappone e Cina sono in testa), con il suo Chips Act l’Europa punta a colmare il divario con i competitor. A sua volta, anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha puntato su una strategia simile, con il suo Chips for America Act da 50 miliardi di dollari.
Lo ha ribadito anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: lo scopo finale è che l’Europa diventi più autonoma in un settore strategico come quello dei microchip. E soprattutto che sia meno vulnerabile alla crisi delle forniture che colpisce in particolare alcuni settori.
Se infatti i microchip sono fondamentali per settori industriali chiave come quello dell’automotive e dell’elettronica, è molto difficile trovare i siti di produzione. E in particolare quelli che producono i chip a 2 nanometri, i più sofisticati. Per questo il Chips Act prevede condizioni speciali ed eventuali aiuti di stato per le fabbriche ad alto tasso di innovazione che li produrranno, rispettando inoltre dei criteri di efficienza energetica.
La crisi della produzione di microchip
Nel 2020, più di 1.000 miliardi di microchip sono stati fabbricati in tutto il mondo: si tratta di circa 130 chip per ogni persona sulla terra. Tuttavia, a partire dalla fine del 2020, molti settori industriali hanno registrato una grave carenza di microchip, perché la domanda ha superato di molto la capacità produttiva.
Come scrive Kevin Carboni su Wired, oggi il 50% del totale dei microchip del mondo e il 95% di quelli più avanzati vengono da Taiwan: questa concentrazione della produzione in un solo paese ha creato una situazione di forte dipendenza per i paesi importatori, che si è aggravata con la pandemia.
Di conseguenza, si sono creati dei colli di bottiglia nella supply chain globale. Questo ha portato ad un forte aumento dei prezzi, ad un allungamento dei tempi di consegna dei dispositivi elettronici e a una diminuzione di circa un terzo della produzione automobilistica in alcuni paesi europei.