Nei Balcani nasce ufficialmente una zona “mini-Schengen”. Albania, Serbia e Macedonia del Nord, riunitisi a Tirana per il vertice Open Balkan, hanno firmato un’intesa che dà il via a un mercato unico regionale, caratterizzato dalla libera circolazione di merci, persone e servizi. Dunque, una volta che i rispettivi parlamenti avranno ratificato gli accordi presi, i cittadini dei tre Paesi balcanici potranno circolare liberamente tra gli Stati membri sia per lavoro che per soggiorno.
Il vertice di Tirana
«Quello che stiamo facendo è niente meno che l’attuazione delle regole di reciprocità vigenti tra gli Stati membri dell’Unione europea», ha dichiarato il premier albanese Edi Rama dopo l’incontro con il presidente serbo Aleksandar Vuçiç, il primo ministro macedone uscente, Zoran Zaev, e il suo successore Dimitar Kovaçevski. «Il nostro obiettivo- ha sottolineato Rama– è l’Ue, e i suoi valori. Ma quando Bruxelles frena il nostro avanzamento, noi non dobbiamo fermarci, ma andare avanti».
In particolare, gli accordi di Tirana prevedono per i cittadini dei tre Paesi l’accesso immediato ai permessi di lavoro e soggiorno, ma anche la condivisione di un sistema elettronico integrato che permette di usufruire dei servizi online di ogni singolo Stato. Intanto, sarà riconosciuta reciprocamente la documentazione rilasciata agli esportatori e importatori dei prodotti agricoli.
Obiettivo Ue
«Open Balkan- ha sottolineato il macedone Zaev- non fa altro che facilitare l’europeizzazione della nostra regione». Allo stesso modo, si è detto soddisfatto per l’obiettivo raggiunto il presidente serbo Vucic secondo il quale “alla fine a beneficiarne saranno i nostri cittadini. Perciò non dobbiamo perdere tempo a discutere delle cose del passato, ma lavorare per il futuro», ha concluso.
L’iniziativa ha ricevuto il sostegno anche del Commissario Ue per l’Allargamento Oliver Varhelyi, intervenuto all’incontro da remoto. «Il mercato unico regionale è essenziale, e potrebbe incrementare di un terzo il prodotto lordo della regione. Dall’altra parte,- ha aggiunto- sarà anche di aiuto al piano di investimenti dell’Ue per i Balcani occidentali. Che senso avrebbe investire in collegamenti autostradali e ferroviari, se poi un imprenditore dovrebbe fermarsi in ogni singola frontiera?»
I Balcani che mancano
Le parole di Varhelyi sono rivolte nello specifico agli altri tre Stati balcanici che per motivi diversi contestano l’iniziativa: Bosnia, Montenegro e Kosovo. Se da un lato l’adesione di Pristina, preoccupata dal ruolo serbo nel progetto, appare difficilmente realizzabile nel breve periodo, dall’altro il Montenegro resta in attesa di segnali da Bruxelles, sperando di entrare direttamente nell’Unione nel 2025 senza passare da “Open Balkan”. Infine, la Bosnia Herzegovina sembra ancora troppo divisa al proprio interno per prendere una decisione definitiva tra testa e cuore (ottomano).