Con una accusa di frode in pubbliche forniture la procura di Milano ha richiesto il processo per Attilio Fontana. L’inchiesta riguarda l’affidamento da parte di Regione Lombardia alla società Dama della fornitura di 75000 camici e dispositivi di protezione individuale. In seguito la fornitura affidata fu trasformata in donazione per circa mezzo milione di euro. La società Dama è di proprietà di Andrea Dini, cognato di Attilio Fontana. I PM Carlo Scalas, Paolo Filippini e il procuratore aggiunto Paolo Romanelli hanno richiesto il rinvio a giudizio per il governatore e per altre quattro persone.
GLI ALTRI RINVIATI A GIUDIZIO
Gli altri per cui i PM hanno richiesto rinvio a giudizio sono Andrea Dini, Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, oltre a Pier Attilio Superti, vicesegretario generale di Regione Lombardia.
Le indagini si sono concluse lo scorso luglio, quando gli imputati chiesero l’interrogatorio convertendolo poi in una memoria difensiva. Dei 75000 camici e dpi richiesti furono consegnati solo 50000.
IL CASO DEI SOLDI IN SVIZZERA
Per Fontana l’accusa di autoriciclaggio e falso in merito a 5.3 milioni di euro depositati su un conto a Lugano e sottoposti a scudo fiscale. Secondo gli inquirenti 2.5 milioni su 5.3 milioni sono frutto di evasione fiscale. Il governatore Fontana ha sempre spiegato che quei soldi erano l’eredità di sua madre. I suoi avvocati hanno tentato di ricostruire il percorso di questi soldi per dimostrare che essi provengono da investimenti in fondi e titoli della madre di Fontana.
I PM però, non fidandosi di questa ricostruzione, hanno fatto pressioni sulle autorità svizzere per comprendere se una presunta firma falsa ad opera della defunta madre del governatore, apposta nel 2005 all’apertura di un altro conto, potesse configurarsi come tentativo di frode.
L’INIZIO DELLA VICENDA CAMICI
La vicenda camici iniziò in piena prima parte della pandemia, quando una causale sospetta (Acconto fornitura camici a favore di Aria spa, e l’importo elevato dell’operazione) fece scattare il campanello d’allarme in Bankitalia, diventata in seguito segnalazione alla Procura di Milano. Inizialmente Fontana richiese di essere interrogato, cambiando poi idea e volendo «riservare le proprie difese alle fasi processuali successive di fronte a giudici terzi». Ora la palla passa al GUP, che potrà decidere se disporre il rinvio a giudizio o emettere sentenza di non luogo a procedere.