È bene riconoscerlo: siamo incapaci di spostarci su medio-lunghe distanze senza ricorrere alle indicazioni di un navigatore. Al contrario, il falco pellegrino percorre ogni anno, in un verso e nell’altro, una rotta di circa 10mila chilometri, dall’Artico alla macchia mediterranea, ricorrendo solo all’aiuto delle ali. Come questo sia possibile, potrebbe averlo scoperto un team di scienziati cinesi: il Google Maps degli uccelli potrebbe nascondersi in una sequenza del codice genetico.
Dall’inanellamento al GPS
La migrazione dei volatili è uno degli aspetti più affascinanti, misteriosi e studiati del regno animale. Per decifrare i suoi misteri, l’uomo ha innanzitutto provato a tracciarne le rotte. La prima tecnica utilizzata a questo scopo risale al 1889, ed è stata adoperata dall’ornitologo danese Hans Christian Mortensen, che per primo legò una fascetta di metallo alle zampe di un volatile per individuare i punti di partenza e di arrivo di una rotta.
Da lì, la scienza ha fatto molti passi in avanti, fino ad arrivare alla ricerca interdisciplinare del team di scienziati guidati dal dott. Zhongru Gu dell’Istituto Zoologico dell’Accademia Cinese delle Scienze. L’intuizione del dott. Gu sta nell’aver incrociato gli studi comportamentali dei falchi pellegrini durante la migrazione alle più moderne tecnologie di sequenziamento del DNA. Lo scopo: individuare quali geni siano alla base dei comportamenti migratori e come i due fattori, insieme, possano influenzare il futuro della specie.
Satelliti e microscopi
Fissando dispositivi di tracciamento satellitare tra le ali, per anni il team di ricerca ha seguito il volo di 56 esemplari di falco pellegrino. Questo ha permesso di determinare un totale di 150 rotte migratorie diverse, originatesi nell’Artico da sei differenti popolazioni nidificanti. Inoltre, i ricercatori hanno sequenziato l’intero genoma di 35 volatili.
Secondo il dott. Gu e il suo team di ricerca, il gene ADCY8, collegato alla memoria a lungo termine, è il ‘navigatore’ del falco pellegrino
La comparazione delle sequenze di DNA ha evidenziato come un gene, in particolare, diverga tra le differenti popolazioni prese in esame, accomunando invece tutti gli esemplari in viaggio sulla stessa rotta. Si tratta dell’ADCY8, che secondo il dott. Gu e il suo team è funzionalmente collegato alla memoria a lungo termine, e utile dunque in qualche misura nei viaggi a lunga distanza.
L’apprendimento – notano gli scienziati cinesi – rimane l’elemento cardine che guida i falchi nella migrazione. Per questo, la ricerca è stata improntata all’individuazione delle componenti genetiche ereditarie che attivano il processo di apprendimento attraverso la formazione dei ricordi.
Un nuovo approccio
La natura interdisciplinare della ricerca del dott. Gu e del suo team segna una svolta decisiva nel campo della ricerca ornitologica. Di portata rivoluzionaria è non solo la scoperta in sé, ma soprattutto le sue implicazioni. L’approccio olistico allo studio dei volatili può spingere le frontiere della conoscenza un po’ più in là.
All’Accademia Cinese delle Scienze regna un clima di grandi attese. Ci si aspetta risultati ancora più sensazionali dallo studio incrociato dell’architettura genetica degli uccelli chinoidi e passeriformi, in grado, alla prima migrazione in solitaria, di percorre il viaggio senza errori dove non addirittura di scegliere rotte differenti da quelle degli adulti.
a cura di Marta Zanichelli