“Fui costretto a inventare gli abusi”, parla il bambino di Veleno

Tutta un’invenzione. Il caso dei pedofili dei Diavoli della Bassa modenese, che sconvolse l’Italia a partire dal 1997, si basa sulla fantasia e le false accuse di un bambino di 7 anni che per primo parlò del caso, accusando familiari e altri conoscenti. E a dirlo è proprio Davide l’ex bambino che oggi ha 31 anni e per Repubblica dice: «Ho inventato tutto, fui costretto a farlo».

I diavoli della bassa modenese: il caso

Il caso dei pedofili della bassa modenese è stato ricordato alla memoria degli italiani grazie al docufilm Veleno, su Netflix, omonimo del podcast di Paolo Trincia pubblicato nel 2017. E’ il finire del 1993 quando gli assistenti sociali di Massa Finalese, un paesino della provincia di Modena, si prendono carico di Davide, a causa di una famiglia problematica, con alle spalle grossi problemi economici. Passano 4 anni e il bambino comincia a raccontare di abusi, violenze e riti satanici.

Articolo dell’epoca

Dalle sue parole si scopre che ad essere coinvolti non sono solo i genitori, ma anche persone che gravitano intorno alla sua famiglia. La rete comincia ad allargarsi fino a coinvolgere 16 bambini d’età tra gli 0 e 12 anni. Anche molti di loro parlano trascinando a loro volta nella vicenda conoscenti e familiari. Alla fine sono venti le persone accusate di far parte di una setta di pedofili e satanisti, tra di loro c’è anche il parroco del paese, Don Govoni. Ai genitori viene tolta la custodia dei figli, alcuni si tolgono la vita, gli altri non vedranno più i loro figli.

Le parole di Davide, oggi

«Ricordo diversi colloqui anche di 8 ore. Non smettevano finché non dicevo quello che volevano loro», è il racconto di sedute snervanti con la psicologa Valeria Donati, che l’hanno portato a una confessione estorta.

«Inventai dei nomi a caso, su un foglio per disperazione – continua Davide -. Ho inventato che mio fratello aveva abusato di me, che c’erano delle persone che facevano dei riti satanici. Ma non c’era nulla di vero. Mi sono inventato tutto. Perché se dicevo che stavo bene non mi credeva nessuno. A forza di insistere ho detto quello che si volevano sentir dire».

Il ricordo costruito

Il podcast di Paolo Trincia aveva già evidenziato le incongruenze della vicenda, in seguito di uno studio delle carte processuali, delle registrazioni dei colloqui dei bambini, interrogando anche i diretti interessati. Le registrazioni testimoniano le accuse dei bambini fatte ai genitori e parenti, direttamente agli psicologi. In una di queste, uno dei sedici chiede: «Va bene quello che ho detto?», una frase che sembra confermare un caso di plagio, come è successo a Davide. La pista satanista era già stato smontata dalla Cassazione nel 2002, definendola un “falso ricordo collettivo”.

Federica Ulivieri

Nasce sulla costa Toscana e si laurea magistrale in Storia Contemporanea a Pisa. Vola nelle lande desolate dello Yorkshire, dove inizia a occuparsi di traduzione. Un inverno troppo rigido la fa tornare in Italia, un po' pentita di averla lasciata. Le piace scrivere di esteri, con una predilezione per l'Africa. Ha recitato a teatro per 15 anni e ha una grande passione per i fumetti, le piace leggerli, scriverne e disegnarli: è infatti anche una vignettista di attualità.

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