Era il 23 marzo 1944 quando in via Rasella, a Roma, i Gruppi di Azione Patriottica (GAP) fecero saltare in aria un intero reparto delle forze di occupazione tedesca, uccidendo 33 militari e 2 civili italiani. Quello che possiamo definire il più sanguinoso attentato urbano antitedesco di tutta l’Europa occidentale, fu il preludio dell’eccidio delle Fosse Ardeatine (antiche cave di pozzolana nei pressi della via Ardeatina). Il giorno seguente, infatti, i nazisti per rappresaglia fucilarono 335 prigionieri italiani: almeno 75 erano ebrei.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine fu la più grande strage di ebrei compiuta sul territorio italiano durante l’Olocausto. A perenne ricordo delle vittime fu costruito sul luogo del massacro il Mausoleo delle Fosse Ardeatine. Lì, alle ore 11 del 24 marzo 2021, si terrà la 77esima cerimonia commemorativa della strage alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La cerimonia torna ad essere celebrata in presenza dopo la parentesi del 2020, causata dalla pandemia.
L’attentato partigiano di via Rasella
Nell’inverno 1943-44 Roma era sotto il controllo nazista: tutte le forze di Resistenza romane erano state sgominate dal colonnello Herbert Kapler, capo della Gestapo di Roma. Solo i partigiani comunisti dei Gruppi di Azione Patriotica (GAP) erano riusciti a resistere ai rastrellamenti tedeschi.
Furono loro a realizzare l’attentato di via Rasella, su suggerimento di Giorgio Amendola, membro del comando generale delle Brigate Garibaldi. L’obiettivo designato fu l’11esima Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment Bozen, il reparto alto atesino della polizia d’ordine nazista (Ordnungspolizei), che ogni pomeriggio transitava in assetto da guerra per via Rasella.
Fu scelta come data il 23 marzo, anniversario della fondazione dei fasci di combattimento. Quel giorno del 1944, 12 partigiani misero una bomba a miccia ad alto potenziale in un carrettino per la spazzatura di via Rasella. Morirono 33 militari nazisti e 2 civili italiani.
L’eccidio delle Fosse Ardeatine
La reazione tedesca fu immediata. Adolf Hitler chiese di organizzare una rappresaglia “che avrebbe fatto tremare il mondo”. Il comando tedesco decise allora di fucilare dieci italiani per ogni soldato tedesco ucciso. Fu predisposta una lista di prigionieri: 335 uomini, di cui almeno 75 ebrei. Nessuna donna fu scelta per la fucilazione.
I prigionieri furono così condotti nelle gallerie sotterranee di via Ardeatina, le cave ubicate tra le catacombe di san Callisto e Domitilla. Alle 15:30 del 24 marzo iniziarono le fucilazioni. In totale furono effettuati 67 turni di esecuzione. Il colonnello Kappler dovette più volte intervenire: molti soldati tedeschi si rifiutarono infatti di prendere parte al massacro. L’operazione terminò alle ore 20.
I nazisti compirono la strage in gran segreto. Temevano una sommossa popolare, difficilmente controllabile a causa del basso numero di militari presenti nella capitale. Terminato l’eccidio, pertanto, fecero esplodere gli accessi alle gallerie. Le esplosioni, tuttavia, furono udite da alcuni religiosi salesiani, che facevano le guide nelle catacombe. E grazie a loro se la strage nazista fu scoperta.