Da sempre si dice che lo sport sia per i giovani e che arrivati a una certa età, i professionisti debbano “andare in pensione”. Ma come in ogni singola cosa esistono le eccezioni e quindi eccoci qua, in un’era in cui le società investono decine di milioni sui giovani, a esaltare i “vecchietti“. Sì, perché fa riflettere come, in serie A ma in generale in tutti gli sport, esistano fenomeni intramontabili sempre sul pezzo e ancora, magnificamente decisivi.
Ibra e Pandev, storie di quasi 40 primavere
Partiamo da chi è vicino a noi, da chi possiamo vedere e ammirare ogni weekend. Partiamo da chi, tra lo scetticismo di molti, nel gennaio 2020 è tornato in Italia per mettersi ancora una volta alla prova, Zlatan Ibrahimovic. Facciamolo però partendo dai numeri che non mentono mai: 37 presenze in tutte le competizioni, 27 gol e 6 assist.
E’ una sfida con me stesso. Per far bene devi avere la voglia e la mentalità giusta sennò meglio mettere un altro – Press conference, Zlatan Ibrahimovic
Così aveva esordito lo svedese nella conferenza di presentazione del 3 gennaio 2020 prima di prendere il comando del vascello rossonero. Ma in cosa ha fatto veramente la differenza Ibra da quando è arrivato al Milan? Il significato dell’arrivo di un fuoriclasse in una squadra lo descrisse bene Cristian Vieri quando la Juventus acquistò Cristiano Ronaldo dal Real Madrid. Giocatori fino a quel momento bersagliati dalla tifoseria e finiti al centro delle critiche per le loro prestazioni, come Kessiè, Calabria o Calhanoglu su tutti, sono rinati dall’arrivo di Ibra alzando l’asticella delle performance, trascinando il Milan dove è ora, ovvero davanti a tutti.
Punto di riferimento e stimolo a non mollare mai è un discorso che si può fare anche per un altro veterano della nostra serie A, Goran Pandev. Uno degli eroi del Triplete interista del 2010 (l’unico ancora in attività oltre a Maicon in serie D), nonostante i suoi 37 anni è stato capace di segnare una doppietta nell’ultimo match di campionato trascinando il suo Genoa alla vittoria per 2-1 sul Napoli di Gattuso.
Se a fine stagione decide di smettere, non lo denuncio ma lo meno –
Davide Ballardini post Genoa-Napoli 2-1
Il macedone, con i due gol messi a referto contro la sua ex squadra, è il giocatore più anziano dei top-5 campionati europei ad aver collezionato almeno 2 reti e 2 assist nel campionato in corso.
Ibra-Pandev ma perché non buttare nella mischia anche Cristiano Ronaldo? Il portoghese ha 36 anni, solo uno in meno rispetto all’attaccante del Genoa e, nonostante la sua età, continua a macinare record su record. Dal suo arrivo alla Juventus (2018) Ronaldo ha segnato 67 reti e quest’anno, in tutte le competizioni, è già a quota 23 gol in 25 presenze. Dopo aver compiuto 35 anni, lo stesso Ronaldo affermò a Canal 11, un’emittente portoghese: “Ma quali 35 anni, la mia età biologica è di 25!”. Come dargli torto?
Tom Brady e LeBron James, dominatori d’America
Nonostante i 43 anni, oltreoceano c’è chi continua a dominare il Football americano e il suo nome è Tom Brady. Non servono ovviamente presentazioni, basta dire che, da solo, con l’ultimo successo con i Tampa Buccaneers, ha vinto 7 Super Bowl, più di qualsiasi franchigia dell’NFL (i New England Patriots e Pittsburgh Steelers sono fermi a sei). Brady ha stravinto il duello con l’altro quarterback di Kansas, Patrick Mahomes, 18 anni più giovane di Brady, che non ha portato nessuna meta ai suoi con tanti passaggi incompleti.
E poi, come non citare in questa speciale classifica, in questo speciale elenco, il re dell’NBA, LeBron James. 36 anni compiuti a dicembre dopo aver vinto il suo quarto anello alla guida del Lakers nella bolla di Orlando. Un dominatore del parquet in grado di far giocare bene i compagni (vedi lo stile di gioco mutato negli anni con molti più passaggi chiave in partita) e il solito dominio fisico.
Hamilton dominatore, Rossi in declino ma pur sempre Rossi…
Senti qua, come strilla questo motore, come va. Non lo senti mentre viaggia che musica fa. Come me non sa frenare l’amore che dà, non è stanco di lottare – 46, Cesare Cremonini
Può esistere un motomondiale senza Valentino Rossi? Praticamente sì, ma idealmente, no. E forse è anche per questo che, nonostante i suoi 41 anni (42 il prossimo 16 febbraio), Rossi non lascia il mondo del motomondiale. Anzi, ci rimane e contribuisce alla crescita di esso. Come? Attraverso la fondazione della VR46 Academy e la crescita della nuova generazione di piloti. Ma oltre a questo, Rossi, nonostante l’età avanzata, prenderà parte alla prossima stagione di MotoGp (la ventesima) provando ad andare a caccia di quel tanto agognato decimo titolo, non più in sella alla sua cara M1, ma in Petronas. I tifosi si emozionano quando Rossi arriva a podio perché dopo tanti anni di successo anche i più grandi hanno il proprio declino (l’ultima vittoria risale addirittura al 2017, ad Assen) ma vederlo lottare con piloti anche vent’anni più giovani di lui fa emozionare appassionati e sportivi.
Parliamo inoltre del recordman della Formula 1 capace di eguagliare il più grande di sempre di questo sport, Michael Schumacher, il britannico Lewis Hamilton. A 36 anni il pilota inglese ha vinto il suo 7° Mondiale, il sesto da quando siede sulla Mercedes. Ma oltre ai titoli (quest’anno punta a superare il tedesco e a Marzo scopriremo se qualcuno possa contrastarlo con i primi test stagionali) Hamilton ha disintegrato il record di pole position ottenute e di vittorie conquistate: 95 i successi, e 98 partenze dalla prima casella in griglia. Semplicemente un mostro, un cannibale, The Hammer, in grado di spazzare via la concorrenza diventando il simbolo della Formula 1 moderna.
…e Cairoli?
In Italia abbiamo un fenomeno che non tutti conoscono o che forse hanno sentito nominare molto vagamente. Il motivo è che pratica uno sport molto “di nicchia” e poco seguito, ovvero Motocross. Antonio “Tony” Cairoli, classe 1985, è il dominatore assoluto di questo sport con ben 9 titoli iridati a dimostrazione che se qualcuno è un fenomeno (infortuni a parte), lo rimane per sempre.
Fedal e Novak, dio benedica gli anni 2000
Chi è nato a fine anni ’90, dagli anni duemila in poi è cresciuto nel segno della rivalità tra Rafa Nadal e Roger Federer, o più comunemente, il Fedal. Il primo incontro tra i due risale al “lontano” 2004 quando lo svizzero era numero al mondo (chiuderà la stagione con tre Slam vinti su quattro) e lo spagnolo appena diciassettenne. Da lì una serie di sfide epiche che hanno scritto la storia del tennis elevando la loro rivalità come una delle rivalità più belle e affascinanti dello sport in generale con una serie infinita di titoli vinti.
E ovviamente, oltre ai due totem, c’è da prendere in considerazione anche il terzo dei big three, Novak Djokovic, attuale numero uno al mondo a 33 anni e vincitore dello scorso Australian Open. Il serbo, nonostante le recenti uscite sulla pandemia (vedi l’Adria Tour che ha contagiato alcuni tennisti) ha festeggiato le 300 settimane al comando della classifica, il secondo giocatore dopo Federer a riuscirci. E quindi, esattamente, chi dice che lo sport è cosa per giovani?
La forza mentale distingue i campioni dai quasi campioni – Rafael Nadal