L’attivista e intellettuale sciita Lokman Slim, noto per le sue posizioni a favore della laicità dello stato e della democrazia, è stato assassinato il 4 febbraio nella regione di Al-Adoussiyeh, nel sud del Libano.
Il 4 febbraio nel paese, non è una giornata come tutte le altre: essa è segnata dalla ricorrenza dei sei mesi dall’esplosione del porto di Beirut, la tragedia che il 4 agosto dello scorso anno ha devastato la zona portuale di Beirut. Eppure, i libanesi sono stati sconvolti da un altro dramma: nella mattinata Lokman Slim è stato ritrovato ucciso nella sua auto, con ferite multiple da proiettile. L’attivista era partito per visitare un suo amico, ma non è mai tornato a casa tanto che la moglie e la sorella ne avevano denunciato la scomparsa.
Chi era Lokman Slim
Sciita,58 anni, di nota famiglia. Era uno scrittore e editore ex studente di filosofia a Parigi, baluardo della società civile, sosteneva la laicità e l’emancipazione della politica libanese dai confessionalismi religiosi.
Una domanda sorge spontanea: perché è stato ucciso? Gli occhi sono puntati sul movimento sciita Hezbollah, organizzazione dotata di esercito e milizie asservite. In passato Slim era stato più volte minacciato per le critiche nei suoi articoli e interventi al movimento estremista.
Ad esempio a gennaio, in un’intervista, Slim ha sostenuto che le sostanze chimiche esplose nel porto di Beirut fossero state portate in Libano per il governo siriano con la complicità di Russia e Hezbollah stesso. «Abbiamo davanti a noi un crimine di guerra le cui parti sono Mosca, Beirut e Damasco»: furono queste le sue parole, anche se ad oggi non ci sono prove a sostegno di tali informazioni.
Un crudele gioco del destino
Il 4 febbraio è anche la data in cui usciva in Italia “Il giorno del giudizio” della scrittrice ed editrice libanese Rasha al-Amir, sorella di Slim. Il libro parla di come l’amore e la grande poesia possano combattere ed essere una cura per il fanatismo. In passato, Lokman Slim aveva fondato proprio con sua sorella una casa editrice, Dar Al-Jadeed, e poi con sua moglie, la cineasta Monika Bergman, la Ong “Umam“.
La paura degli omicidi
L’assassinio suscita pessimi ricordi a Beirut: l’ondata di attentati subita in passato dal Libano fu potente e colpì tra i tanti l’ex primo ministro Rafik Hariri e il giornalista Samir Kassir. A Beirut sono in molti a temere una ripresa degli assassini politici. «È pericoloso che ci possa essere un ritorno agli omicidi», ha detto Ali al-Amine, giornalista sciita e critico di Hezbollah che considerava Mr. Slim un amico.
L’uccisione di Slim arriva in un contesto in cui la crisi politica, economica e sociale colpisce duramente il Libano: il sistema politico è paralizzato e soprattutto molti cittadini stanno subendo ancora le conseguenze dell’esplosione di Beirut. Inoltre per diverse settimane, il Libano è stato in totale isolamento, con un coprifuoco di 24 ore volto a rallentare la diffusione dell’epidemia di coronavirus.