Duisburg. Durante il festival techno Love Parade del 24 luglio 2010 morirono 21 persone e più di 650 rimasero ferite. Oggi, 4 maggio 2020, a distanza di dieci anni dall’incidente e dopo 184 udienze il caso viene archiviato.
Si tratta di uno dei processi mediatici forse tra i più controversi della storia della Germania post-unitaria: 116 testimoni, 32 avvocati difensori, 60 querelanti: nessun colpevole. Nel 2014 i procuratori incriminarono dieci persone: quattro dipendenti degli organizzatori dell’evento e sei dipendenti comunali.
Dei dieci imputati coinvolti, tre erano accusati di omicidio colposo involontario e danni fisici. Nel febbraio 2019 il tribunale di Duisburg aveva deciso per l’archiviazione di sette di loro. Agli ultimi tre imputati rimasti venivano contestati gravi errori nella programmazione della Love Parade.
L’archiviazione del processo
L’archiviazione del procedimento non dà alcuna risposta alle istanze dei parenti delle vittime. Tra i 21 morti, tutti giovani provenienti da diversi paesi accorsi per prendere parte alla manifestazione, anche una 21enne bresciana Giulia Minola.
L’archiviazione richiesta dal Tribunale di Duisburg è stata motivata parzialmente dalle limitazioni imposte dalla diffusione del coronavirus, infatti, non si sarebbe riusciti a chiudere il processo entro i termini della prescrizione.
Inoltre, molti ricorrenti non sono stati in grado di partecipare al processo a causa delle restrizioni imposte ai viaggiatori di tutto il mondo per la pandemia da Covid-19.
“I processi meno importanti continuerebbero nonostante la pandemia da Coronavirus – afferma uno degli avvocati ricorrenti Reiner Dietz – e questo processo, con 21 morti e centinaia di feriti, fallisce a causa della pandemia, anche se attualmente si sta svolgendo nella più grande sala del consiglio della Germania, dove si possono facilmente osservare le regole sulla distanza. Sembra incredibile”.
La sala del processo
Una tragedia apparentemente lontana
Secondo quanto riportato dal tabloid tedesco Bild il giudice Mario Plein ha rilasciato alcune dichiarazioni in cui spiega come sia avvenuto il disastro:
“Non c’era abbastanza spazio per gestire il flusso di persone e l’ingorgo di fronte ai sistemi di separazione era prevedibile. Inoltre le recinzioni hanno portato alla formazione di ulteriori colli di bottiglia”.
Insomma parole che descrivono una calca di persone che ora, alla luce di una realtà profondamente mutata a causa delle nuove regole di distanziamento sociale, appare ai nostri occhi incomprensibile come non mai.
Nella Germania intenta a contrastare l’avanzata del Coronavirus – gli ultimi dati registrano 165.745 contagiati e 6866 decessi (CSSE) – queste vittime sembrano appartenere a un mondo lontano, ancora intriso di eventi ed aggregazioni superflue.
Non sono di certo dello stesso avviso coloro che cercano di fare chiarezza sui fatti indagando gli eventi passati. Gabi Müller, ad esempio, aspetta ancora risposte dalla giustizia: ha perso suo figlio Christian nella Love Parade di Duisburg del 2010.