La musica si arrangia

I club vuoti, gli stadi deserti e avvolti da un silenzio surreale. Il Coronavirus ha messo in pausa i concerti da oltre un mese. Mentre ci si chiede se e come cambierà un domani il concetto stesso di live music, c’è chi, all’interno del composito mondo dell’industria musicale, riesce ancora a sfornare brani e dischi. Seppur tra mille difficoltà, tanti fonici, tecnici e ingegneri del suono continuano infatti a editare, mixare e produrre da remoto.

Fra loro c’è Matteo Sandri, cofondatore del Mono Studio, nato a Milano e diventato negli anni punto di riferimento per vari artisti italiani, da Francesco Gabbani a Le Vibrazioni. Una realtà in espansione nel suo campo, che ha saputo in parte reagire ai blocchi imposti dal governo per fronteggiare la pandemia.

I fondatori del Mono Studio di Milano, Matteo Cantaluppi e Matteo Sandri. Foto di Chiara Mirelli

Quello milanese è da sempre un centro focale per il panorama discografico italiano. Qual è lo stato attuale del settore musicale?

«Il blocco ha paralizzato l’intera filiera. Fortunatamente però, nella nostra professione l’elasticità è una prerogativa fondamentale e siamo riusciti ad adattarci in modo un po’ più semplice al lavoro da casa. In ogni caso, questo è possibile quando non è richiesta la diretta partecipazione del musicista. Ad esempio, in questi giorni abbiamo pubblicato il brano di una ragazza che aveva registrato la traccia coi propri mezzi, e così gli altri musicisti del gruppo. Grazie a una serie infinita di telefonate e video chiamate, alla fine siamo riusciti a portare a termine la canzone.»

Nonostante queste eccezioni, molti album, la cui uscita era programmata in queste settimane, non hanno visto la luce. Oltre al rinvio dei concerti, c’è il rischio che un domani, quando gli spettacoli riprenderanno, gli artisti si troveranno col secondo grande problema di non avere materiale nuovo da eseguire?

«È così. Ma il problema principale resta la mancata promozione della propria musica. Il concerto rappresenta il grosso degli introiti per i musicisti, specialmente quelli emergenti. Per i giganti della musica, i ricavi provengono da vari canali, mentre i progetti medio piccoli sopravvivono grazie agli spettacoli dal vivo. Sia per i guadagni, sia perché è l’unico modo per farsi ascoltare. Il lockdown non sta agevolando la pubblicazione degli album anche per questo motivo: che senso ha, per un artista o una band, creare nuove canzoni se poi non può portarle nelle piazze?»

Tanto più in estate, per eccellenza la stagione dei grandi concerti.

«L’estate sarà lo spartiacque che definirà l’entità della crisi. Se entro tre o quattro mesi, com’è possibile, non ci dovessero essere allentamenti nel contesto delle manifestazioni, allora la condizione dell’industria musicale si farà insostenibile. A quel punto anche gli studi, le produzioni e le etichette entreranno in sofferenza al pari degli artisti stessi e degli organizzatori di eventi.»

Il Mono Studio di Milano

Il vostro studio di registrazione si occupa anche di musiche per film e pubblicità. La situazione è ugualmente grave in quei comparti?

«Le campagne pubblicitarie rappresentano in parte un’eccezione. Seppure c’è stato un rallentamento negli investimenti, lo spot ha il vantaggio di andare in TV. E in questi mesi, c’è più gente davanti agli schermi televisivi. Il cinema è invece alle prese con la situazione opposta. Si tratta di uno dei settori più colpiti: regna l’incertezza sia sui film che dovevano essere in sala ma sono stati sospesi, sia su quelli da realizzare».

Ipotizziamo una riapertura domani. Riuscireste a rispettare tutte le norme di sicurezza imposte?

«Sì, sarebbe il problema minore. Il nostro studio non è enorme, ma lo spazio è sufficiente per essere a norma. Certo, cambierà l’organizzazione delle giornate. Si dovrà diluire la presenza delle persone in studio: dai manager ai discografici. In modo simile, i musicisti dovranno imparare a suonare adattandosi alle nuove regole. Per far tornare a registrare le band insieme ci vorrà diverso tempo.»

 

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Pubblicato da Paolo Fresu su Lunedì 13 aprile 2020

 

Cambierà anche il modo di ascoltare la musica? Mi riferisco al possibile definitivo tramonto del supporto fisico, a partire dai CD.

«La stragrande maggioranza della fruizione dei brani già ora non avviene più mediante supporto fisico. Il vinile ha avuto un ritorno importante e imprevedibile fino a qualche anno fa, mentre il CD è in via d’estinzione. In compenso, è possibile che si verificherà un parallelo aumento degli abbonamenti alle piattaforme streaming

Se così fosse, un domani chi tornerà nei negozi di dischi?

«I negozi hanno una clientela affezionata e abituale. Quando riapriranno sono convinto che la gente tornerà ad acquistare i vinili con la stessa frequenza di prima. Cosa che ora potrebbe star già accadendo sui cataloghi Amazon, peraltro fornitissimi. Lo stesso varrà per i locali. Alcuni colleghi mi hanno raccontato che vari Dj in Cina stanno iniziando a veder tornare le prime persone, dopo una ripartenza piena di paura.»

Una vista dei “Laboratori Testone”, a Milano

Prima o poi, quando il virus sarà alle spalle, una nuova e forse imprevedibile normalità riuscirà a stabilirsi. Pian piano i club riapriranno e gli stadi torneranno a riempirsi e alla fine la musica supererà anche questa sfida. Ad oggi, però, è necessario garantire le risorse necessarie per aiutare tutti coloro che permettono all’arte del pentagramma di sopravvivere.

Francesco Puggioni

Marchigiano, 23 anni. Mi sono laureato in Scienze Politiche Sociali e Internazionali all’Alma Mater di Bologna, dove ho lasciato un pezzo di cuore. Ora a Milano, al Master in Giornalismo IULM. Coltivo da sempre le mie più grandi passioni: la scrittura e la musica. Collaboro con StartupItalia, scrivo per MasterX e per il sito multiTasca.

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