L’informazione è ancora spaccata tra chi sostiene che il coronavirus (Covid-19) non sia altro che un virus poco più grave di una banale influenza e chi grida al ritorno della grande peste.
Il panico impera
La popolazione è nel panico, i supermercati vengono razziati e sta prendendo sempre più piede l’idea che nel mondo si stia espandendo un’epidemia al pari del Grande Morbo. Una situazione di confusione collettiva da cui non sono esenti neanche le istituzioni, indecise sul da farsi. Il presidente della regione Marche, il 24 febbraio, ha chiuso le scuole fino al 2 marzo, in disaccordo con il governo, mentre il 28 febbraio il sindaco di Ischia ha bandito i turisti che vengono dal nord Italia, installando le tende d’emergenza fuori dall’ospedale, sebbene in Campania al momento ci siano solo due casi di coronavirus.
In questo stato confusionale diffuso, il preside del liceo Alessandro Volta di Milano, Domenico Squillace, ha voluto indirizzare una lettera agli studenti e ai genitori. Un monito a non minimizzare, ma neppure farsi prendere dal panico. E lo fa richiamando le pagine manzoniane dei Promessi Sposi in cui, dice, si può ritrovare tutto quello che stiamo vivendo oggi: «La certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria».
Ha senso paragonare il coronavirus a una pandemia come la peste?
Partiamo da una differenza che, credo, sia evidente. Oggi nessuno si azzarderebbe a dire che la causa del contagio sia «l’influsso dei pianeti o la volontà divina», come invece si credeva per il morbo del 1347, usando le parole del Boccaccio. Se a portare la peste dall’Oriente sembra sia stata la pulce dei ratti, per il Covid-19 per ora si azzardano solo supposizioni.
La storia della peste
La peste nera ha avuto un impatto distruttivo nei secoli passati, tanto che la sua eco arriva fino ai giorni nostri. Sono molte le opere letterarie ed artistiche che trattano del morbo nero, non solo perché decimò la popolazione, ma perché ha interessato molti secoli.
Era il 1347 quando l’agente patogeno, riconosciuto come il batterio Yersinia pestis, si è presentato per la prima volta in Europa. L’infezione durò quasi 6 anni e si portò via un terzo della popolazione europea, una stima che oscilla dai 35 ai 45 milioni. Un’enormità. L’ondata di contagio si esaurì, ma rimase endemica, il che vuol dire che ricomparve a intervalli di 6-12 anni, continuando a decimare la popolazione.
Questa frequenza durò fino al 1480, quando i cicli di ritorno della peste cominciarono ad allungarsi, comparendo ogni 20 anni. L’ultima importante pandemia della cosiddetta peste nera è stata registrata il 1898 e il 1918 quando 12,5 milioni di indiani furono contagiati per poi morire.
La trasmissione
Gli studi storici si sono interrogati a lungo su quale fosse il veicolo di trasmissione della peste. La conclusione sembra sia il contagio uomo-uomo, ma si è quasi certi che ad aiutare il fenomeno sia stata l’intensa attività di commercio e di scambio di persone, in quel Medioevo che certo buio non era. La grande prosperità del Mediterraneo e la grande concentrazione di popolazione, che continuava a crescere, deve essere stato il crogiolo ideale per il diffondersi dell’epidemia.
E forse è proprio questa l’unica similitudine tra il Covid-19 la pesta nera. Per il resto ci sono solo differenze. Quali?
Coronavirus e Peste: i numeri a confronto
I numeri dei morti
In Cina, la zona più colpita dal coronavirus, ci sono state fino ad adesso 2788 vittime (cifra aggiornata al 28 febbraio). Secondo quanto dicono gli esperti la mortalità sta rallentando da qualche settimana, e sembra che nella zona si stia piano piano esaurendo il contagio (tanto che adesso è la Cina a chiudere le frontiere verso l’esterno, per evitare rischi). La peste nera ha causato invece decine di milioni di morti in tutta Europa. Quando si ripresentò nel ‘600 nel Nord Italia (quella di manzoniana memoria) provocò 1 milione e 100 mila vittime solo in questa zona. Nella Repubblica veneziana in soli 4 mesi morirono 150 mila persone.
La letalità
Il coronavirus spaventa e sta paralizzando tutto il mondo, ma in Cina la sua letalità è circa del 2%. Il Covid-19, però, potrebbe essere asintomatico e in alcuni casi si manifesta con forme lievi di raffreddore. Quindi il numero di contagiati potrebbe essere di molto superiore a quello reso noto, in conclusione risulterebbe essere molto meno letale di quanto non sembra.
Se si esce dalla Cina, poi, e si confronta il numero dei contagi con quelli dei decessi si scopre che la percentuale scende a meno dell’1%. Il coronavirus in sostanza è molto più innocuo della Sars, virus comparso tra il 2002 e il 2003 e che era letale al 9,6%.
E la peste, invece? Nel ‘600 la peste arrivò ad avere il 61% di letalità nella città di Verona, mentre a Padova la popolazione aveva il 59% di probabilità di morire. La più “fortunata” era Firenze, solo 12% dei contagiati moriva, un dato molto positivo per l’epoca.
Ricerca scientifica e condizioni igieniche
I tempi della peste (che erano gli stessi in cui si moriva per una banale infezione) non godevano di ottime condizioni igienico-sanitarie.
L’Istituto superiore di sanità, nell’emergenza odierna, ha emanato delle regole che ci sembrano basilari. Però, quello che per noi pare ovvio, il lavarsi le mani, non era altrettanto scontato ai tempi del Grande Morbo, quando il livello d’igiene personale e pubblica era bassissimo e certamente contribuì a provocare l’ecatombe. Le fogne a cielo aperto erano il ricettacolo di batteri e solo dopo la Peste del 1522 Parigi vietò di gettare l’immondizia dalle finestre.
Ma c’è da aggiungere altro. Il progresso scientifico ci permette di essere un po’ più tranquilli rispetto a qualche secolo fa. Fleming con la scoperta della penicillina nel 1928 ha dato il via alla grande era dei vaccini e della farmacologia. A poche settimane dalla scoperta del Covid-19, il ceppo italiano è stati isolato grazie ai ricercatori dell’ospedale Spallanzani. Tutto il mondo si è mosso per cercare di arginare il contagio, tanto che una società USA ha annunciato di essere vicina alla sperimentazione di un vaccino sull’uomo.
Per dirla con le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La conoscenza è l’antidoto alle paure irrazionali e immotivate. Dobbiamo avere fiducia nella scienza».