La Corte d’Appello di Milano ha ridotto da 9 a 7 anni e mezzo la condanna in abbreviato per Roberto Manno, figlio del presunto boss della ‘ndrangheta Francesco Manno, Roberto è stato ritenuto responsabile, insieme ad altri otto, dell’esplosione di un ordigno rudimentale all’interno di un palazzo in via Dante a Pioltello, in provincia di Milano, nell’ottobre del 2017.
LA VICENDA
Bersaglio designato la porta d’ingresso di un operaio ecuadoriano di 45 anni. Le indagini hanno appurato che il movente dell’atto intimidatorio era riconducibile a un debito non pagato e contratto a tasso d’usura. Al momento dell’esplosione l’uomo era difatti già fuggito nel suo Paese.
Le altre 27 persone che erano all’interno dello stabile in via Dante la notte del 10 ottobre 2017, invece, trovarono ospitalità presso l’oratorio della parrocchia di San Giorgio solo intorno alle 5 di mattina. La squadra di emergenza della Protezione civile di Pioltello allestì un piccolo campo per la notte.
LA MOTIVAZIONE DELLA CORTE
«Si è impegnato per iscritto a versare 300 euro mensili alle persone offese per 10 anni» è la ragione con cui la Corte ha concesso le attenuanti generiche. Già lo scorso novembre era stata ridotta la pena da 6 anni e 4 mesi a 4 anni e 8 mesi anche a uno dei correi, Manuel Manno. L’imputato ha ottenuto l’attenuante del risarcimento grazie al versamento di 5mila euro alla vittima di reati aggravati dalla finalità mafiosa.
La Corte d’Appello milanese ha assecondato la richiesta della Procura generale di conferma delle condanne inflitte in primo grado solo per altri quattro imputati. La Corte ha spiegato che l’attentato in via Dante ha messo in pericolo non solo la vittima di usura, ma tutti gli inquilini dello stabile. Secondo la ricostruzione dei giudici, con l’esplosione della bomba i Manno hanno voluto «dimostrare l’autorità e il potere della loro famiglia sul territorio» e «l’esigenza di venire rispettata prima ancora che ottenere la restituzione della somma prestata al debitore».