Antonio Finelli ha 95 anni, vive nel Regno Unito da 68 anni e da 35 percepisce la pensione dal governo inglese. Eppure deve comunque presentare il settle status, il documento che gli permetta di rimanere in territorio inglese, dopo che la Gran Bretagna è definitivamente uscita dall’Unione europea il 31 gennaio 2020.
La storia di Antonio Finelli
«Ho ricevuto la pensione e ho lavorato per tutta la vita, quindi non capisco perché devo fornire questi estratti conto bancari», ha detto Finelli. Bastano 5 anni di residenza nel Regno Unito per permettere a chi è immigrato di ottenere la cittadinanza e il permesso di rimanere in terra inglese. Ma quando Antonio Finelli ha presentato la procedura al Ministero degli Interni gli è stato comunicato che di lui non c’era alcuna traccia. Finelli era arrivato nel Regno Unito nel 1952, rispondendo a un bando di lavoro per immigrati, per contribuire allo sforzo di ricostruzione previsto nel periodo post bellico. Il governo britannico dovrebbe avere, dunque, tutte le carte che possano identificarlo, tra cui il certificato di permanenza per stranieri che veniva fornito a tutti gli immigrati tra il 1918 e il 1957.
Un caso non isolato
Al centro di consulenza per cittadini italiani, Dimitri Scarlato, volontario presso Inca CGIL, ha definito la situazione inaccettabile: «È un buon cittadino ed è venuto prima della libertà di movimento, [ma] ha ancora l’onere di fornire la prova della residenza».
Ha poi continuato: «È stato qui in tutti questi anni ma il sistema lo tratta come se non esistesse. Perché?». La situazione in cui si trova il signor Finelli è complicata ma, per stessa ammissione del volontario Scarlato, si risolverà presto proprio grazie al fatto che si sia rivolto al centro di assistenza.
Quello di Finelli è il secondo caso in una settimana in cui una persona italiana ha trovato difficoltà con le regole di insediamento inglesi post Brexit. Quando il signor Giovanni Palmiero ha tentato di iniziare la procedura per il settle status, la sua richiesta è stata respinta. Secondo i funzionari a occuparsene sarebbero dovuti essere i suoi genitori in quanto minorenne. Palmiero però vive nel Regno Unito da decenni, ha 101 anni ma, per la monarchia inglese, risulta averne solo uno.
Cosa non sta funzionando
Alla base di disguidi di questa portata pare che ci sia la mancata digitalizzazione di alcuni documenti del Dipartimento per il lavoro e per le pensioni. «Ho elaborato circa 500 domande – continua Dimitri Scarlato – e metà di esse sono destinate ad anziani. La metà di queste persone non è stata trovata dal sistema e si chiede loro di provare la propria residenza anche se il Dipartimento per il lavoro versa sul loro conto pensioni da anni».
La procedura prevede che l’Ufficio della riscossione delle imposte e quello del Dipartimento per il lavoro e per le pensioni dialoghino digitalmente con il Ministero degli Interni. In questo modo, quando un cittadino europeo – come nel caso del signor Finelli – si candida per l’insediamento, il processo dovrebbe essere automatico. A quanto pare, però, non è così.
A essere colpiti da questa confusione burocratica sono soprattutto gli anziani. Sono in molti a non capire perché vengano richiesti così tanti documenti che provino la loro permanenza in un paese in cui hanno lavorato tutta la vita.