L’economia italiana sarà stagnante anche nel 2020: lo dice la commissione dell’Unione europea, nelle sue previsioni economiche d’inverno. Le stime che riguardano il Pil dei Paesi all’interno dell’Ue indicano che l’Italia sarà il Paese europeo che crescerà di meno, fermandosi a +0,3%.
Chi cresce e chi rimane fermo
Se si considerano tutti i 27 Paesi dell’Ue, le ipotesi indicano una crescita totale dell’1,4%, mentre per i paesi della zona euro la stima si attesta leggermente più bassa, al +1,2%. L’economia europea è quindi in crescita per il settimo anno consecutivo e sembra che continuerà a crescere anche nel 2021.
In testa alle stime di crescita ci sono Malta (+4%), Romania (+3,8%) e Irlanda (+3,6). Insieme all’Italia, invece, che si attesta ultima, ci sono Germania e Francia (entrambe con +1,1%).
Per la Francia la causa della mancata crescita sembrano essere gli scioperi, mentre per quanto riguarda la Germania i motivi sono da cercare nei problemi nel settore auto.
Sull’Italia, invece, Bruxelles si è espressa in modo differente, spiegando la frenata nella crescita del PIL con il ritardo del Paese nell’attuare riforme strutturali.
Influenza dei dati sul Patto di stabilità
Se questi dati fossero ufficializzati il commissario Ue Paolo Gentiloni potrebbe far leva sulla riforma del Patto di stabilità e crescita. Potrebbe così ribadire la necessità di una maggiore flessibilità nella spesa pubblica per rilanciare gli investimenti, al fine di facilitare la risalita del Pil in tutti i Paesi Ue. Un compito non semplice, dato che all’interno della Commissione europea alcuni commissari nordici (tra cui il lettone di centrodestra Valdis Dombrovskis) sono sostenitori del rispetto delle regole Ue di bilancio.
«La crescita prosegue con passo costante e moderato», commenta positivamente l’esecutivo europeo, anche se segnala i «nuovi rischi». Il Coronavirus infatti protrebbe lasciare le prospettive «ancorate al ribasso». Per ora si vedono effetti globali «limitati», ma «più a lungo dura e più impatteranno su sentimento economico e condizioni globali di finanziamento».