L’attore di 103 anni si è spento il 5 febbraio 2020 nella sua villa californiana. A dare la notizia è stato il figlio Michael: «È con enorme tristezza che io e i miei fratelli annunciamo che Kirk Douglas ci ha lasciato oggi. Per tutti era una leggenda, per me, Joel e Peter era semplicemente papà».
Un capitolo della storia hollywoodiana si è chiuso. Kirk, nonostante avesse ottenuto 3 nomination agli Oscar non riuscì mai a tornare a casa con una di quelle celebre statuette (eccezione fatta per quella finta regalatagli dalla moglie). Ma nel 1996 arrivò: ottenne l’Oscar alla Carriera.
La sua è la storia di un giovane ambizioso che, come tanti, servì ai tavoli per pagarsi gli studi. Frequentò la facoltà di Lettere alla St. Lawrence University di New York e la sua vena artistica culminò con il diploma conseguito all’Accademia Americana di Arti Drammatiche, sempre a New York.
Dopo aver prestato servizio militare nella Marina degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, cominciò a calcare le scene di Broadway, iconica strada di Manhattan e paradiso delle arti sceniche.
L’albero genealogico dell’attore ha origine, però, nell’Europa dell’Est. I genitori infatti erano due ebrei immigrati in America dalla Bielorussia. Nato con il nome Issur Danielovitch, noto anche come Isadore Demsky, su suggerimento del produttore e direttore teatrale a Broadway Guthrie McClint, decise di cambiare il suo nome perché troppo complesso.
Così com’era aveva, infatti, una bassissima probabilità di essere ricordato se letto sui cartelloni. Nacque così Kirk, dal nome di uno dei suoi personaggi fumettistici preferiti, e Douglas, dal cognome della sua insegnante di dizione in accademia.
Fossetta sul mento, 1 metro e 80 di altezza e la bellezza di un angelo. Fu sempre un eccellente interprete ma è cosa nota che i suoi ruoli meglio riusciti siano stati quelli in cui la sua forte, dura e cinica personalità ebbe la possibilità di emergere.
E non si può omettere la parentesi “Stanley Kubrick” che lo diresse nelle pellicole Orizzonte di Gloria e il colossal del 1960 Spartacus.
L’allora presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, volle omaggiarlo con la Medaglia della Libertà: prestigiosa onorificenza civile statunitense nel 1981.
Dopo la sua ultima apparizione sul set nel 2004, l’attore si dedicò interamente alla sua attività filantropica.
Tramite blog e social network diede origine a una campagna che aveva lo scopo indurre gli Stati Uniti d’America a chiedere perdono per la schiavitù delle persone deportate dall’Africa, i soprusi ma a anche le ingiustizie subite dopo l’abolizione formale dello schiavismo nel 1865. Vinse la battaglia nel 2008.
Per un uomo e una star così sono stati tanti, ovviamente, i dolci pensieri pubblicati come post sui social, ad esempio quello della bellissima nuora Catherine Zeta-Jones.