La crescita in Italia a seguito del padre. L’approdo e l’esplosione in NBA. L’addio da campione dopo una vita dedicata completamente al basket. Kobe Bryant vola, per un’ultima volta, al di sopra del canestro.
’85-’91, la parentesi italiana e la formazione
Al seguito del padre Joe, buon giocatore anche lui, Kobe girò il nostro paese: Reggio Calabria, Pistoia, Rieti e Reggio Emilia, con quest’ultima che verrà per sempre portata nel cuore da KB.
Ho cominciato a giocare in Italia e questo è stato un grande vantaggio per la mia carriera NBA
In Italia infatti Kobe apprese i fondamentali alla perfezione andando poi a dominare la scena oltreoceano. Mai il Mamba si dimenticherà del Belpaese, anzi, continuerà a coltivare la nostra lingua egregiamente esercitando il suo italiano nelle conferenze stampa con i nostri giornalisti.
L’approdo in NBA, il triplete firmato O’Neal – Bryant e le accuse di stupro
13ª scelta al draft 1996, fu girato immediatamente da Charlotte ai Lakers che non lascerà mai più. Alla prima stagione Kobe fa subito parlare di sé dominando lo Slam Dunk Contest, la gara delle schiacciate dell’All Star Game. In tutto saranno 18 le apparizioni del Mamba alla partita delle stelle.
Dal 2000 al 2002 i tre anelli conquistati al fianco dell’amico – nemico Shaquille O’Neal, poi ceduto a Miami nel 2004. Piccanti le dichiarazioni fra i due che si sono stuzzicati per anni riconciliandosi solo nel 2009 durante un All Star Game in cui entrambi furono eletti MVP della gara contendendosi il premio.
Nel 2003 l’accusa di stupro che avrebbe potuto compromettere la sua immagine, con sempre in testa il basket e solo il basket la risalita a suon di canestri e titoli, 6 per la precisione, due anelli (2009-2010), due ori olimpici (2008 Pechino e 2012 Londra) e 2 MVP delle Finals.
Allora devi ricordarti che quello che fai è una benedizione. Che è un gioco, semplicemente un gioco. Devi recuperare l’istinto di quando eri bambino
22 gennaio 2006, la notte degli 81 a referto
A proposito di canestri, indimenticabile la gara contro Toronto in quel gennaio del 2006. 81 i punti totali realizzati dal Mamba alla franchigia canadese in una prestazione che rimarrà per sempre nella storia dell’NBA e del basket. Seconda miglior prestazione realizzativa dietro solo ai 100 punti di Wilt Chamberlain nel 1962.
L’anno dopo, le tre gare consecutive con più di 50 punti. Il Mamba era tornato e lo aveva fatto con il suo grande stile e tutta la sua classe. Dal 2013 però, l’anno dopo il suo ultimo oro olimpico, l’inizio del lento e inevitabile declino a causa degli infortuni.
A proposito di infortuni: 10 aprile 2013, quel maledetto tallone
In una partita contro Golden State, a 3.08 dal termine della partita, Kobe è vittima di un terribile infortunio, forse il più grave della sua carriera che lo terrà lontano dal parquet per 6 mesi. A 34 anni, la diagnosi è terrificante: rottura del tendine d’Achille del piede sinistro. Il Mamba però, nonostante tutto, dà prova ancora una volta del suo amore per il basket: zoppicante, si dirige verso la linea della carità e realizza i due tiri liberi chiudendo la partita con 34 punti.
«Dear basketball..»
Inizia così la lettera di Kobe, pubblicata su The Players Tribune nel novembre 2015 che annunciava il suo ritiro dal basket giocato al termine della regular season.
Nella lettera Bryant ripercorreva tutta la sua carriera, da quando era solo un ragazzo e sognava di diventare professionista fino al suo esordio e poi ai suoi successi in NBA. Una lettera che fu ispirazione per un cortometraggio realizzato nel 2018 insieme a Glean Keane e intitolato proprio «Dear basketball» e capace di vincere l’Oscar per il miglior cortometraggio animato.
Kobe decise di non essere banale neanche nella sua ultima apparizione, il 14 aprile 2016. Furono 60 i punti messi a referto dal numero 24 gialloviola contro gli Utah Jazz. Dopo quella partita, i Lakers decisero di ritirare le due canotte appartenute al Mamba, l’8 e il 24 consegnando per sempre il suo nome alla storia.
LeBron e il traguardo dei 33.643 punti. Il passaggio di scettro e l’uscita di scena
Una mera coincidenza, quasi spaventosa. Nella città che ha dato i natali al Mamba, Philadelphia, LeBron lo ha infatti agganciato e superato nella classifica dei punti totali segnati in NBA, omaggiandolo con delle scarpe da gioco celebrative. La notizia della morte di Bryant è arrivata a poche ore da un tweet in cui lo stesso Kobe celebrava il traguardo raggiunto dall’amico e rivale.
Continuing to move the game forward @KingJames. Much respect my brother 💪🏾 #33644
— Kobe Bryant (@kobebryant) January 26, 2020
Kobe è stato una delle più grandi icone dello sport tra gli anni ’90 e 2000 andando a riempire quel vuoto che aveva lasciato Michael Jordan nei cuori degli americani. Quello che ha fatto, per lo sport e per il basket, andandosi a confrontare con diverse generazioni di giocatori, rimarrà per sempre impresso nelle menti di miliardi di persone.
Arresto, tiro, canestro, un’ultima volta. Ciao Kobe.