Con una crescita del 6,1%, nel 2019 l’economia cinese ha rallentato come non accadeva dal 1990. Il 6% è una cifra che farebbe sognare tutti i paesi sviluppati, ma non la seconda economia al mondo. Il dato rientra tuttavia nell’obiettivo ufficiale di Pechino, che da tempo sta cercando di pilotare un rallentamento congiunturale dal picco del 14%, raggiunto nel 2007, verso una crescita più sostenibile attorno al 6%.
SULLA DECRESCITA IL PESO DELLA GUERRA DEI DAZI
Sul risultato degli ultimi mesi hanno pesato lo scontro commerciale con gli Stati Uniti e lo sforzo dei governi regionali e compagnie nazionali di ridurre il debito. Decisivo anche il calo dei consumi a livello internazionale. Il dato è giunto a poche ore dalla firma dell’accordo di Fase uno su commercio con gli Stati Uniti, che ha determinato una tregua nella guerra commerciale.
Dai dati dell’Ufficio Centrale di Statistica cinese diffusi il 17 gennaio si apprende che è in calo anche il tasso di natalità, con 10,5 nuove nascite per 1000 abitanti: 580mila in meno rispetto all’anno precedente. La popolazione cinese ha superato ufficialmente gli 1,4 miliardi di persone, ma il numero di nuovi nati nel 2019 ha toccato i minimi da quasi sessanta anni, quando la Cina venne colpita dalle carestie provocate dal “Grande balzo in avanti”. C’è preoccupazione per una società che invecchia e una forza lavoro in diminuzione. Due dati che sul lungo termine potrebbero pesare su una crescita in rallentamento. «Nel 2020 la Cina metterà in atto maggiori misure di sostegno all’economia», ha dichiarato il direttore dell’Ufficio Nazionale di Statistica Ning Jizhe, a commento dei dati, definendo normali le fluttuazioni e sottolineando che il governo non è alla ricerca di un’alta crescita economica a tutti i costi.
Per il 2019, gli investimenti in beni fissi sono cresciuti del 5,4%, allo stesso livello dei primi tre trimestri 2019, contro un’aspettativa del 5,2%. La produzione industriale ha segnato un aumento del 5,7% rispetto all’anno precedente, rallentando rispetto al +6,2% del 2018. Stabili le vendite al dettaglio, aumentate dell’8% nel 2019 rispetto all’anno precedente, con un picco del 16,9% di aumento nelle vendite on line, oltre quota 10mila miliardi di yuan (1.307,4 miliardi di euro).
BENE LA PRODUZIONE INDUSTRIALE E L’ACCIAIO
Al netto delle pressioni al ribasso sull’economia, sono emersi comunque segnali di ripresa dalla fine dello scorso anno: la produzione industriale, a dicembre, è cresciuta con segno positivo del 6,9% rispetto all’ultimo mese del 2018.
Il 2019 è stato caratterizzato anche dal primo calo dal 2009 della produzione di alluminio, scesa dello 0,9% rispetto ai volumi del 2018. L’Ufficio Centrale di Statistica ha registrato inoltre un crollo della produzione di carne suina: determinante il ruolo dell’epidemia di peste suina africana che ha decimato allevamenti in tutta la Cina e portato a un calo della produzione del 21,3% rispetto al 2018.
Balzo, invece, per la produzione di acciaio: nel 2019, la Cina ha segnato una crescita dell’8,3% sul 2018, a 996,34 milioni di tonnellate, e nel solo mese di dicembre l’aumento su base annua è stato del 12%. Ottimista il primo ministro cinese, Li Kegiang, che per il 2020 prevede una crescita ragionevole anche se – specifica – ritiene probabile un abbassamento del target intorno al 6%. In linea, dopotutto, con la proiezione delll’FMI (Fondo Monetario Internazionale) che ha stimato intorno al 5,8% la crescita cinese quest’anno.