Tensione diplomatica tra Cina e Italia. Al Senato alcuni parlamentari hanno tenuto una conferenza stampa con Joshua Wong, uno dei principali leader della protesta di Hong Kong. Il dialogo tra Palazzo Madama e l’attivista hongkonghese è stato malvisto da Pechino.
L’incontro è avvenuto il 28 novembre e vi hanno partecipato Radicali, Fratelli d’Italia, PD, Forza Italia e Lega.
Il caso è esploso quando il portavoce dell’ambasciata cinese a Roma ha definito «irresponsabile» il comportamento dei politici italiani che hanno dato spazio alla voce dell’attivista, accusato di aver «distorto la realtà, legittimato la violenza e chiesto l’ingerenza di forze straniere negli affari di Hong Kong».
"Joshua Wong ha distorto la realtà, legittimato la #violenza e chiesto l'ingerenza di forze straniere negli affari di #HK" ha detto il portavoce dell'Ambasciata Cinese. "I politici italiani che hanno fatto la videoconferenza con lui hanno tenuto un comportamento irresponsabile."
— Ambasciata Repubblica Popolare Cinese in Italia (@AmbCina) November 29, 2019
Le reazioni delle forze politiche italiane
Le dichiarazioni dell’ambasciata della Repubblica Popolare Cinese sono state accolte con forte disappunto dalla Farnesina, che ha definito le affermazioni fatte «del tutto inaccettabili e totalmente irrispettose della sovranità del Parlamento Italiano».
Durissime sono state anche le reazioni del mondo politico le cui forze hanno trovato un punto d’incontro comune contro l’atteggiamento di Pechino.
«Il parlamento ha infatti il diritto e il dovere di ascoltare sempre tutte le posizioni e tutte le parti in causa, anche in relazione ad avvenimenti che si svolgono in altri Paesi ha affermato Roberto Fico, fermo nel difendere il diritto dei parlamentari di esprimere le proprie opinioni. A fargli eco è stata Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, che ricorda come la libertà di pensiero sia uno «dei capisaldi della nostra democrazia».
Dure le parole di Fratelli d’Italia, secondo i quali si è trattato di «una minaccia inaccettabile».
Ha provato a sanare la frattura il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ha ricordato come i rapporti con il governo cinese siano stati sempre ottimi, precisando che «i nostri legami commerciali non possono assolutamente mettere in discussione il rispetto delle nostre istituzioni, del nostro parlamento e del nostro governo».
Le accuse di Wong all’Italia
Vibrano violente le accuse di Wong attraverso la diretta Skype con le maggiori forze politiche. La prima nota di biasimo è proprio per il leader dei Cinque Stelle. Luigi Di Maio aveva detto di non non voler interferire con le questionI degli altri Paesi, riferendosi agli scontri a Hong Kong. Un atteggiamento deludente, secondo il 23enne attivista, poiché «da cinque mesi viviamo la brutalità della polizia, che usa armi da fuoco contro i manifestanti».
Forte è la denuncia di Wong che ritiene l’Italia complice della Cina. Grazie alla nuova Via della Seta e agli scambi commerciali, le aziende italiane fornirebbero alle forze di polizia cinese le armi antisommossa e i mezzi con cui viene attua la sua repressione.
Le accuse di Wong alla Chiesa
In questa trafila di accuse, per Joshua Wong non si salva neppure Papa Francesco, incolpato di essere indifferente e silente. L’intervento del pontefice per ora si sarebbe limitato a un invito alla pace e giustizia sociale», forse troppo poco, considerando che i giovani a Hong Kong «vengono torturati e arrestati». Ma l’attivista non ne è troppo sorpreso, ha detto, «considerato gli interessi del Vaticano con la Cina» .
L’appello dell’attivista
Quello di Joshua è un grido di aiuto. Già il 19 novembre aveva denunciato una grave crisi umanitaria a Hong Kong durante la quale erano stati presi di mira anche giornalisti, soccorritori e dottori. 5000 sono stati gli arrestati in 6 mesi in cui è stato coinvolto anche Wong. Quello che il giovanissimo attivista si augura è che l’Italia prenda spunto dai provvedimenti approvati il 27 novembre dagli Stati Uniti. Trump ha ratificato la legge 1838, “Hong Kong Human Rights and Democracy Act of 2019”, a favore dei manifestanti che si prefigge di vigilare sul rispetto delle libertà garantite dalla mini-costituzione di Hong Kong.