Avere il ciclo non sarà più un lusso. O almeno, non lo sarà più se l’intenzione è quella di renderlo a impatto zero. Sì, perché se la questione IVA al 22% sugli assorbenti aveva iniziato a tener banco ormai da qualche anno in Parlamento e tra la gente, adesso arriva un compromesso. Si passa dal 22% al 5, ma solo per quanto riguarda gli assorbenti bio. Quel tipo di prodotto che tante volte non si trova neppure al supermercato, per intenderci.
Ad annunciare la “rivoluzione” è Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia. La proposta parte dall’appello di alcune parlamentari: abbassare l’aliquota sui prodotti igienico-sanitari femminili perché, appunto, il ciclo non è un lusso. Nessuno aveva specificato però su quali articoli intervenire. Detto-fatto e grazie tante.
La prima a lanciare l’iniziativa è stata Laura Boldrini, in un tentativo di sensibilizzazione della politica nazionale su quella che per le donne è un esigenza se non quotidiana, sicuramente mensile. «È un’occasione per lo Stato sia per andare incontro alle famiglie monoreddito sia per essere veramente sensibile verso il mondo femminile» ha più volte sostenuto. Un piccolo passo per le donne – o almeno, questo sostengono le parlamentari promotrici dell’iniziativa – un grande passo per l’Italia che arranca dietro a Paesi europei nei quali già è prevista una totale esenzione dall’Iva sugli assorbenti.
Insomma, avanguardisti se si rovescia la classifica dei virtuosi. Ma come si dice, il calabrone non lo sa e vola lo stesso. Il dado era stato lanciato dall’associazione Onde Rosa ed è poi stato raccolto dal Partito Democratico grazie alla petizione promossa su change.org. La proposta era quella di una Tampon Tax al 10%. In quell’occasione, la Commissione Bilancio aveva respinto la richiesta con un bel “no grazie” per via dell’assenza di coperture. Ieri, la svolta: dal 22 al 5% sono passi molto più lunghi della gamba, i numeri parlano, ma il provvedimento non è certamente stato esente da polemiche. Si tratta comunque di un’aliquota più elevata rispetto a molti altri prodotti (tra cui i tartufi, incredibilmente tassati al 4%). Ovviamente, poi, c’è da considerare che la riduzione non riguarda tutti gli assorbenti. Al contrario dei già citati tartufi, i quali nella tassazione non risentono di distinzioni di sorta. Verrebbe da dire meno male. La misura riguarda prodotti che si decompongono nel breve periodo. Sono sicuramente poco diffusi e molto più cari di quelli comunemente acquistabili al supermercato.
Certo, il primo passo sulla Luna ha degli aspetti positivi da non sottovalutare: il primo è che l’argomento viene trattato in Italia come un tema politico serio. Nel 2016, quando Giuseppe Civati propose per primo una detassazione, incassò senza poter ribattere le risate dell’aula. In secondo luogo, la norma trova spazio in una legge di Bilancio sicuramente complicata, segno che l’abbassamento dell’aliquota non è un sogno irraggiungibile.
Nel resto del mondo
La più virtuosa in Europa è l’Irlanda. Lì le donne godono di una tassazione pari a zero per questo tipo di prodotti. Negli ultimi anni, i bagni dei locali pubblici si sono attrezzati con distributori sempre pieni di assorbenti di tutti i tipi. Nel vicino Regno Unito e a Cipro, la tassazione è del 5% (sì, per tutte le tipologie sul mercato) e in Francia la situazione è di poco dissimile, con una drastica riduzione avvenuta nel dicembre 2015. Dal 20% al 5%, senza distinzioni di sorta. I prezzi continuano a essere elevati, ma si fa quel che si può.
Più alta di un punto percentuale in Belgio e Paesi Bassi. In Germania, dal 1° gennaio 2020 le donne pagheranno solo il 7% di Iva. La Svizzera è ferma al 7,7% ma annuncia una diminuzione al 2,5% nel corso del prossimo anno. Polonia ed Estonia hanno una tassazione pari all’8 e al 9%, mentre Slovacchia, Austria e Spagna registrano il 10%. A Madrid, però, si lavora per portare l’aliquota al 4%. La Scozia ha addirittura iniziato a distribuire gratuitamente assorbenti alle studentesse nelle scuole e nelle università. Dopo un test iniziale in un’area limitata, l’iniziativa verrà estesa a tutto a tutto il Paese.
La classifica ha ovviamente due direzioni: i migliori e i peggiori. Bene, tra i meno virtuosi che non riescono comunque a superare il nostro Paese ci sono la Grecia con il 13%, il Lussemburgo con il 17%, la Romania (19%), Bulgaria (20%), Lituania, Lettonia e Repubblica Ceca con il 21%. Chi riesce invece a far peggio dell’Italia sono Finlandia (24%), Croazia, Danimarca e Svezia, tutte al 25%, ma soprattutto l’Ungheria, dove la tassazione degli assorbenti raggiunge la vetta del 27%.
Ci sono anche casi insospettabili sul podio: non esiste infatti tassazione in Nicaragua, Giamaica, Nigeria, Kenya, Tanzania, Libano e India. Promosse a pieni voti anche Australia e Canada, mentre negli Stati Uniti la situazione cambia da Stato a Stato. Solo in alcuni di essi non esiste tampon tax.
Perché l’Italia costa tanto?
Perchè così tanto? Per cercare di capire meglio la situazione fiscale italiana, bisogna chiarire quali sono gli altri “beni di lusso” tassati al 22%. Si tratta di mobili, trattamenti di bellezza, abbigliamento, acqua minerale in bottiglia, elettrodomestici e prodotti igienico-sanitari per bambini. A un’altra classe di beni che non sono considerati di prima necessità è applicata un’aliquota inferiore (pari al 10%): tra questi ci sono carni, yogurt, conserve vegetali, medicine, ristoranti, bar, alberghi, gas ed energia elettrica non per usi industriali. Al 4% sono tassati i beni essenziali come generi alimentari quali pane, farina, pasta, latte fresco e riso; giornali, periodici, libri, apparecchi ortopedici, protesi dentarie e occhiali da vista.
Se dovete scegliere tra il ciclo e un trattamento con pedicure e manicure inclusa, forse vi conviene la seconda. Risulta anche più utile, delle volte, avere uno smalto perfetto. E se vi steste chiedendo se è il caso di comprare un nuovo divano o degli assorbenti con le ali, forse è il caso che iniziate già a considerare che la pelle d’estate fa sudare. Neanche a dirlo, meglio un cappotto nuovo di una scatola di tampax. Quando si tratta di scegliere, la convenienza prima di tutto. Peccato che il ciclo non sia una decisione presa a cuor leggero. E peccato che non sia neppure bio.