«I messaggi degli haters sono inutili perché Lara Comi non li può leggere, essendo agli arresti domiciliari con il divieto di comunicare all’estero, né li leggerebbe comunque». Queste le dichiarazioni di Gianpiero Biancolella, avvocato difensore dell’ex eurodeputata di Forza Italia, riguardo alla valanga di commenti offensivi che le sono stati indirizzati sui social network sotto al post che ha dedicato al padre, il quale di lì a poco si sarebbe dovuto sottoporre a un intervento chirurgico.
Nell’ambito dell’inchiesta “Mensa dei poveri”, il legale ha inoltre riferito che il 14 novembre scorso è stata accolta l’istanza degli arresti domiciliari a casa dei genitori dell’imputata. È stata arrestata dalla Guardia di finanza di Milano assieme all’amministratore delegato dei supermercati Tigros, Paolo Orrigoni, e all’ex direttore generale di Afol Metropolitana, Giuseppe Zingale. I primi sono ai domiciliari, mentre quest’ultimo è stato portato in carcere.
Secondo le indagini Lara Comi non solo avrebbe ottenuto due consulenze ben retribuite ma del tutto inconsistenti. Avrebbe anche aumentato lo stipendio al suo addetto stampa, a spese dell’istituzione Ue, facendosene però restituire due terzi girati poi a Nino Caianiello, coordinatore provinciale di Forza Italia nella provincia di Varese, considerato la mente dietro agli appalti e alle tangenti in Lombardia che lo scorso maggio portò a 43 misure cautelari.
L’accusa per la Comi e Orrigoni, candidato leghista a sindaco di Varese, è di truffa all’Unione europea, false fatturazioni, finanziamento illecito e corruzione. Mentre Zingale avrebbe regalato una delle false consulenze da 21mila euro alla ex europarlamentare.
Il gip Raffaella Mascarino ha dichiarato: «Nonostante la giovane età, Comi ha mostrato una non comune esperienza nel fare ricorso a collaudati schemi criminosi volti a fornire una parvenza legale al pagamento di tangenti, alla sottrazione fraudolenta di risorse pubbliche e all’incameramento di finanziamenti illeciti».
A carico della Comi ci sarebbe un’altra consulenza da 31mila euro ritenuta fasulla, incassata da una società del presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, indagato.