Lo stand di Altaforte al Salone del Libro di Torino è stato completamente smantellato. La casa editrice era stata al centro di numerose polemiche per la sua vicinanza a Casapound, ma in un primo tempo il comitato organizzativo aveva accettato la sua partecipazione in nome della libertà di pensiero garantita dalla Costituzione italiana.
La decisione aveva inasprito ulteriormente il dibattito, tanto da dividere il fronte antifascista: in molti avevano risposto rifiutandosi di prendere parte alla manifestazione, altrettanti avevano confermato la propria presenza proprio in risposta a quella di Altaforte.
Nella giornata di martedì 9, Regione Piemonte e Comune di Torino avevano presentato un esposto contro l’editore e la procura aveva aperto un’inchiesta per apologia al fascismo. Infine, la Città di Torino ha deciso di escludere Altaforte dal Salone del Libro, allo scopo di «tutelare la sua immagine, la sua impronta democratica e il sereno svolgimento della manifestazione».
La questione è immediatamente diventata terreno per un nuovo scontro tra Lega e 5 Stelle: da un lato, il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio si è schierato a favore dell’esclusione, dichiarando che quella dell’editore non fosse altro che «una provocazione per vendere libri».
Dall’altra parte, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha assunto la posizione opposta. «Siamo nel 2019 alla censura dei libri in base alle idee, al rogo dei libri che non ha mai portato fortuna in passato», ha commentato a margine di un comizio a Pesaro, criticando «la minoranza di sinistra che si arroga il diritto di decidere chi può fare musica, chi può fare teatro, chi può pubblicare libri».
«Una revoca inaccettabile. Andremo per vie legali», ha affermato l’editore di Altaforte Francesco Polacchi, che si è presentato ugualmente all’ingresso del Salone nella mattinata di inaugurazione. Lo stand era già stato rimosso la sera precedente, ma Polacchi non ha rinunciato a parlare ai presenti.
Nel frattempo è arrivato anche un messaggio dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha appoggiato la decisione della città. «I valori che Primo Levi ha vissuto e trasmesso, specialmente la necessità di non dimenticare ciò che è avvenuto negli anni della Seconda guerra mondiale come tragica conseguenza del disprezzo dei diritti di ogni persona, costituiscono la base fondamentale per una società pacifica e una rispettosa convivenza sociale», ha scritto.