Salta il banco delle trattative sui dazi tra Cina e Usa e la responsabile, stavolta, sembrerebbe Pechino. A farne un resoconto dettagliato è l’agenzia Reuters, secondo cui venerdì notte a Washington sarebbe arrivato un documento da parte della Cina pieno di modifiche su gran parte dei temi sottoscritti nella bozza dell’accordo commerciale con gli Stati Uniti.
La reazione di Trump
Da lì, la reazione di Donald Trump non si fa attendere. E il tycoon, dopo due giorni, su Twitter annuncia il rialzo al 25% (dal 10%) dei dazi su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi a partire dal mattino italiano di venerdì 10 maggio. I tweet del presidente americano, come si è visto, hanno portato a un vero e proprio terremoto sulle Borse di tutto il mondo, impattando anche sulle previsioni economiche di Paesi come il nostro. Trump ha rincarato la dose: «La Cina ha fatto retromarcia perché spera di rinegoziare l’accordo commerciale con Joe Biden o con uno dei deboli democratici, e quindi continuare a rubare agli Stati Uniti per i prossimi anni. Ma non accadrà! Ci hanno appena informato che il vice premier cinese sta venendo negli Usa per fare un accordo. Vedremo». In queste ore convulse, a Pechino sembrano invece voler mantenere un approccio distensivo: «Risolvere disaccordi sulle questioni è parte del negoziato – ha detto un portavoce del governo del Dragone -, non stiamo evitando i problemi e vogliamo arrivare a un accordo».
Su cosa si discute
Ma qual è l’obiettivo degli americani in questa guerra di dazi, che dura ormai dalla primavera 2018? Innanzitutto ridurre il deficit commerciale tra Usa e Cina (che, però, nell’ultimo anno, è cresciuto da 346 a 419 miliardi di dollari), poi dare garanzie alle imprese a stelle e strisce, che chiedono la cancellazione dell’obbligo di dover condividere i segreti tecnologici con le aziende straniere che investono in Cina, il pieno accesso al mercato orientale e la tutela dei diritti sulla proprietà intellettuale. Dall’altra parte la Cina vuol continuare a inondare il mercato americano dei propri prodotti che hanno prezzi ultracompetitivi.