Il sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione, è fuori dal governo. Nonostante la strenua difesa del suo partito, al termine di un consiglio dei ministri durato due ore, il premier Giuseppe Conte impone la linea della revoca, sostenuta dal M5s che, fin dall’inizio del caso, si è schierata per le dimissioni. La Lega accetta dunque la sconfitta, rinnovando la fiducia nel Presidente del Consiglio ma anche la volontà di difendere il sottosegretario Armando Siri, innocente fino a prova contraria. «Basta con i litigi e le polemiche – dicono fonti leghiste – ci sono tante cose da fare: flat tax per le famiglie, autonomia, riforma della giustizia, cantieri, sviluppo e infrastrutture. Basta chiacchiere e rinvii».
Da parte sua Conte ha apprezzato che dal cdm ci sia stata piena fiducia nel suo operato e descrive la discussione come franca e non banale. Definisce la soluzione trovata dal governo come «la più giusta, al fine di preservare la fiducia dei cittadini, senza la quale non potremmo mai sentirci il governo del cambiamento». Come da prassi, Conte presenterà la proposta di revoca al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che dovrà emanare un decreto ad hoc.
Inizialmente il cdm ha preso la forma di un contraddittorio tra il premier Conte, che ha chiesto la revoca del sottosegretario leghista indagato per corruzione, e la ministra della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno, che difende Siri respingendo la richiesta. Nel corso della riunione, è nato un dibattito – dai toni civili e pacati – allargato praticamente a tutti i ministri, a cominciare dai due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Prima dell’inizio della riunione, Salvini ha riunito i ministri della Lega nell’ufficio di Giancarlo Giorgetti. Conte ha aperto il consiglio dei ministri affrontando subito la nota dolente delle dimissioni di Siri e le motivazioni che sono alla base dell’opportunità di revocare il sottosegretario.
I cinquestelle e Conte si assumono così la responsabilità del “liceziamento” di Siri dal governo. Salvini incassa ma alza il tiro, annunciando di voler porre sul tavolo della riunione flat tax e autonomia.
Le inchieste lombarde (che riguardano soprattutto Forza Italia e il governatore della Lega Fontana) e calabresi (con il coinvolgimento del presidente della Regione Mario Oliverio del Pd) hanno fornito lo spunto a Di Maio e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per una conferenza stampa durissima sul tema della corruzione e della questione morale. «Redimetevi, Tangentopoli non è finita», sono le parole con cui Di Maio, ritornando alle battaglie delle origini, si è rivolto a Pd, FI e soprattutto alla Lega. A poche ore dal cdm, inoltre, il ministro dello Sviluppo economico ha fatto un ultimo appello a Salvini sul Blog delle Stelle: «La Lega faccia dimettere Siri e non arrivi alla conta».