Radio Radicale rischia la chiusura dopo più di quarant’anni

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Radio Radicale è a forte rischio di chiusura dopo la minaccia da parte del governo di sospendere l’erogazione dei fondi che la radio percepiva in virtù della legge Mammì.
in questi giorni il tema è stato di primo piano anche per la morte il 17 aprile, a 67 anni, di Massimo Bordin, ex direttore di Radio Radicale dal 1991 al 2010, che per anni ha tenuto dal lunedì al venerdì la rassegna “Stampa e regime”.

Non trasmettendo pubblicità l’unica fonte di sostentamento di Radio Radicale sono i fondi pubblici. Il direttore Alessio Falconio ha chiesto un incontro al governo, perché se la convenzione non verrà rinnovata a partire dal 21 maggio, data della scadenza, potrebbero perdere il lavoro 100 dipendenti della radio e di società esterne.

Radio Radicale acque nella stagione delle radio libere, ma invece di seguire la moda della controinformazione, decise fin da subito di fare un canale di informazione anche istituzionale, oltre che uno strumento per seguire le iniziative del partito radicale. Quindi da subito iniziarono le trasmissioni parlamentari. Più tardi fece richiesta, in seguito alla promulgazione della legge Mammì, nel 1990, che prevedeva dei fondi per chi trasmettesse le sedute di Camera e Senato, dopo averne fatto richiesta.

La RAI ai tempi non si interessò al bando che prevedeva 3 anni di assegnazione, e che alla fine fu fatto nel 1994 e venne vinto da Radio Radicale in solitaria. Questo prevedeva che venissero trasmesse almeno il 60% delle sedute. Da allora si sono susseguite altre 10 proroghe alla convenzione, l’ultima nel 2018, fino alla decisione del governo Conte comunicata dal sottosegretario Crimi di sospenderla. Emma Bonino sostiene che Radio Radicale ha sempre chiesto che l’assegnazione si svolgesse in una gara pubblica. Di sicuro per adesso possiamo dire che è falso dire che Radio Radicale non ha mai partecipato a una gara, come ha sostenuto Crimi, perché il governo anche in fasi diverse del potere politico ha preferito prorogare la situazione esistente invece di sanare l’assenza di concorrenza nell’assegnazione del bando.

L’archivio di Radio Radicale è riconosciuto da anni come di grande valore culturale da parte vari esponenti del mondo dell’università, specialmente di facoltà storiche e di archivistica, fin dagli anni ’90. Anche dalla direttrice delle Teche Rai, Barbara Scaramucci, ne ha riconosciuto l’importanza e la complementarietà con l’archivio della RAI. La storica Simona Colarizi, che ha ricordato come il partito Radicale abbia reso con la sua radio di partito un servizio pubblico per la conservazione della memoria di tutti.

Lucio Valentini

29 anni, giornalista praticante presso il master Iulm. Laurea triennale in Economia, magistrale in Scienze politiche. Stage al Sussidiario.net, con cui saltuariamente collaboro. Mi occupo di economia, politica, musica in particolare di elettronica e rap.

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