Il giorno dopo la manifestazione a favore della legalità e dell’antimafia, arriva un’altra intimidazione a Monte Sant’Angelo, nel foggiano: è stato dato fuoco a tre porte del Comune del paese. Le fiamme non hanno causato danni gravi, ma l’episodio ha contribuito a diffondere preoccupazione in una città segnata da una faida tra clan criminali.
Da decenni, infatti, Monte Sant’Angelo è terra di contesa tra i Li Bergolis e gli Alfieri-Primosa, famiglie di allevatori del Gargano, in lotta per questioni di abigeato trasformatesi poi in guerra per il controllo dei traffici illeciti e del territorio. La rivalità cominciò il 30 dicembre del 1978 con l’omicidio di Lorenzo Ricucci, un allevatore accusato dai Li Bergolis di aver fatto pascolare i suoi bovini nel loro terreno. Nel corso dei decenni, le famiglie hanno stretto alleanze anche con clan di altre località nel foggiano (Manfredonia, San Nicandro Garganico e Vieste).
L’ultimo atto di intimidazione era stato commesso lo scorso 11 marzo, quando il sindaco di Monte Sant’Angelo Pierpaolo D’Arienzo e l’assessore Generoso Rignanese avevano trovato, davanti alla porta dell’ufficio comunale, una busta contenente un teschio umano e due lettere di minacce. I cittadini, stanchi di questa situazione, la sera del 28 marzo hanno così organizzato una manifestazione antimafia che ha raccolto mille partecipanti.
«Siamo stati – ha detto l’assessore regionale al Bilancio e alla Programmazione della Regione Puglia, Raffaele Piemontese – insieme a migliaia di cittadini che, a Monte Sant’Angelo, hanno marciato per ribadire che la città è delle persone per bene. Dopo poche ore, i criminali hanno avuto la sfacciataggine di incendiare le porte della casa comunale, simbolicamente le porte della casa di ciascun cittadino. È un’azione intollerabile che non può rimanere senza una dura risposta proporzionata da parte dello Stato». Nel frattempo, il Prefetto di Foggia ha convocato il Comitato per l’Ordine pubblico e la sicurezza.