«Maduro ha perso il controllo del Venezuela e la popolazione sta soffrendo», ha dichiarato in un’intervista al Tg2 l’autoproclamato presidente del Venezuela, Juan Guaidò, spiegando: «ci sono 70 giovani assassinati in una settimana dal faes, le forze speciali di polizia, e 700 persone in carcere, 80 minorenni addirittura bambini». A confermare la degenerazione della situazione in Venezuela è il presidente americano, Donald Trump, che al New York Times spiega di avere «accesso a cose… che sono veramente terribili: in Venezuela stanno accadendo cose terribili». E ha sottolineato che la sua amministrazione «non sta facendo nulla in termini di opzioni militari in Venezuela, ma posso dire chiaramente che non lo escludo».
Intanto continua il mistero del Boeing 777 della compagnia russa NordWind, decollato lunedì da Mosca e che si trova nell’aeroporto di Caracas, capitale del Venezuela. Scartata l’idea che abbia trasportato truppe di Putin (che invece sarebbero state piazzate a Cuba) si ipotizza che l’aereo abbia il compito di tornare in patria con venti tonnellate di lingotti d’oro (circa il 15% della riserva aurea del Venezuela), grazie alle quali sarebbe, in tutto o in parte, ripagato il debito di tre miliardi che Caracas ha contratto con Mosca.
La notizia è esplosa come una bomba nel clima di forte contrapposizione che ormai vede in Venezuela due fazioni, organicamente assestate in quando a “sponsor” esteri, cercare di mettere in atto affondi decisivi per il prevalere delle rispettive ragioni. Ragioni che, giocoforza, investono anche i Paesi che hanno ufficialmente proclamato una sorta di “militanza attiva” nei confronti delle stesse. In casa chavista, casa di Maduro, non è più una novità (ove lo fosse mai stata) che la Russia di Putin è sponsor operativo e convinto delle ragioni del presidente eletto.