A 31 anni, dopo tre tornei del Grande Slam, due ori olimpici, una Coppa Davis e 40 tornei vinti, Andy Murray ha detto basta. Il tennista scozzese, rimasto fuori dalle competizioni da luglio 2017 a giugno 2018, ha annunciato il suo ritiro dall’attività agonistica. Murray, che ha anche raggiunto la vetta del ranking mondiale nel 2016, combatte da quasi due anni contro un infortunio all’anca che l’ha tenuto fermo per un anno, continuando a tormentarlo anche al suo ritorno, con continui ritiri e poche partite giocate con difficoltà.
Ha comunicato la decisione di lasciare il tennis agonistico durante una conferenza stampa, nella mattina dell’11 gennaio. «Sto lottando da troppi mesi contro il dolore. Non voglio continuare così» sono state le sue parole, pronunciate trattenendo a stento le lacrime. Murray ha spiegato che sta pensando di sottoporsi a un intervento chirurgico, non in previsione di un ritorno in campo ma semplicemente per migliorare la qualità della sua vita, dato che allo stato attuale persino infilarsi i calzini gli provoca grande dolore.
Il tennista britannico vorrebbe terminare la sua carriera dopo aver giocato un’ultima volta Wimbledon, il suo torneo di casa, ma teme di non riuscire a competere fino a luglio.
Il caso di Andy Murray riporta però alla mente quelli di numerosi altri sportivi che hanno abbandonato la loro carriera agonistica in anticipo.
Casey Stoner
Motivi psicologici e mancanza di stimoli sono stati alla base anche del ritiro dalle competizioni del motociclista australiano Casey Stoner. Pilota di grandissimo talento, Stoner all’inizio della sua carriera era noto principalmente per le sue numerose cadute, intervallate da qualche prestazione degna di nota. Nel 2006 debuttò in MotoGp all’età di 21 anni e, dopo una stagione di apprendistato in sella a una Honda, fu chiamato dalla Ducati nel 2007 a occupare la sella della moto ufficiale e si rese protagonista di una sorprendente cavalcata verso il titolo mondiale, il primo tanto per lui quanto per il costruttore bolognese. Negli anni successivi non riuscì a replicare il risultato, vincendo alcune gare ma soffrendo molto la sfida diretta con il campione italiano Valentino Rossi. E proprio la fragilità psicologica è sempre stata il più grande limite di Stoner: lo dimostra la stagione 2009, quando l’australiano si prese tre gare di sosta per il persistere di problemi di stanchezza fisica, ma soprattutto mentale. Il passaggio alla Honda ufficiale nel 2011 gli diede una nuova iniezione di fiducia, tanto da portarlo a vincere un secondo titolo mondiale in scioltezza, non scendendo mai dal podio (a eccezione di un unico ritiro) in 17 gare disputate. L’anno successivo, però, annunciò l’addio alle competizioni a fine 2012, all’età di soli 27 anni. Una decisione sorprendente, considerando che Stoner aveva a disposizione quello che all’epoca era senz’altro uno dei migliori mezzi.
Nico Rosberg
Ancora più sorprendente, da questo punto di vista, fu il ritiro di Nico Rosberg, pilota tedesco di Formula Uno. Alla guida della Mercedes, Rosberg fu protagonista nel 2016 di una sfida durata tutto l’anno con il più quotato compagno di squadra Lewis Hamilton, già tre volte campione del mondo, di cui le ultime due in successione. Una stagione, quella del 2016, dove i due si sono risposti colpo su colpo, gara dopo gara, e dove lo sfavorito Rosberg ha retto il confronto fino alla fine con Hamilton, considerato uno dei migliori piloti dell’era moderna della Formula Uno. Una stagione culminata con un titolo inaspettato, conquistato proprio all’ultimo round dopo una gara tesa e tiratissima. A quel punto appariva quasi scontata la riproposizione del medesimo confronto negli anni a venire, ma Rosberg ha sorpreso tutto il mondo dei motori quando ha annunciato, durante la cerimonia di consegna dei premi della Federazione Internazionale dell’Automobile, il suo ritiro immediato dal mondo delle corse, all’età di 31 anni. Una scelta motivata dal fatto di «aver raggiunto il punto più alto della sua carriera», secondo le stesse parole del pilota tedesco. Una decisione magari non condivisa da tutti, ma sicuramente coraggiosa: Nico Rosberg ha lasciato dopo aver toccato il culmine, pur sapendo che avrebbe potuto provare a riconfermarsi negli anni a venire grazie alla competitività della sua auto. Una presa di posizione definitiva, che non ha lasciato spazio ai ripensamenti: Rosberg non ha più ripreso il volante di un’auto in una competizione ufficiale di alcun tipo, assumendo soltanto il ruolo di ambasciatore del brand Mercedes, la squadra che lo ha portato sul tetto del mondo.
Ian Thorpe e Missy Franklin
Ci sono sport dove la durata di una carriera agonistica è solitamente breve. Il nuoto è uno di questi, ma hanno destato scalpore due campioni di questa disciplina che, in momenti diversi, hanno scelto di lasciare l’agonismo giovanissimi.
Il primo è Ian Thorpe, australiano, vincitore di 5 ori olimpici in carriera. Soprannominato “Thorpedo”, l’atleta di Sidney ottenne la sua prima selezione nella squadra nazionale di nuoto appena quattordicenne, nel 1997. Da allora la sua carriera prese il volo e lo portò a conquistare un totale di 8 medaglie olimpiche, 13 mondiali e 3 ai mondiali in vasca corta. Al termine delle Olimpiadi del 2004 ad Atene, Thorpe decise di prendersi una pausa temporanea dalle competizioni, per preparare al meglio i successivi Giochi del 2008 a Pechino, con l’idea poi di lasciare l’agonismo alla loro conclusione. Alcuni problemi di salute limitarono però la sua preparazione, tanto che Thorpe arrivò ad annunciare il termine della sua carriera agonistica nel novembre 2006, a soli 24 anni.
Ancora più giovane era Melissa Franklin quando decise di lasciare il nuoto professionistico, nel dicembre 2018. La Franklin, nota nell’ambiente come “Missy”, si impose all’attenzione del pubblico ai Campionati Mondiali di nuoto in vasca corta di Dubai, nel 2010, portando a casa due medaglie a soli 15 anni. Nelle successive competizioni internazionali, Missy Franklin si affermò come protagonista assoluta della scena internazionale conquistando medaglie ai Mondiali (tra cui sei ori nella sola edizione di Barcellona 2013, prima donna in assoluto a riuscirci) e alle Olimpiadi. Un’operazione alle spalle all’inizio del 2017 ne aveva però momentaneamente interrotto la carriera e il tentativo di rientrare nel 2018 è stato vanificato dall’insorgere di altre difficoltà fisiche. Missy ha affidato a una lettera, inviata all’emittente televisiva americana Espn, l’annuncio del suo ritiro dall’attività agonistica a soli 23 anni d’età.
Marco van Basten
Anche nel calcio, sport dove normalmente la carriera agonistica si chiude intorno ai 40 anni, c’è chi decide di lasciare prima. Indimenticabile è il caso di Marco van Basten, attaccante olandese che con la maglia del Milan ha lasciato ricordi indelebili nei tifosi italiani. Vincitore di 4 scudetti e 3 Champions League con i rossoneri, oltre a 3 campionati olandesi con l’Ajax e un campionato europeo con l’Olanda, van Basten è considerato uno dei giocatori più forti della storia del calcio. Autore di 303 gol in carriera (di cui 277 con i club, 24 con la nazionale maggiore e 2 con quella giovanile olandese), van Basten fu colpito da diversi problemi fisici nel corso della sua attività, tra cui l’infortunio di entrambe le caviglie. Nel 1993, a 28 anni, van Basten si sottopose per la quarta volta a un intervento chirurgico alla caviglia, trascorrendo poi due anni fuori dai campi per recuperare l’efficienza fisica. Tuttavia, nell’agosto del 1995 prese la decisione di ritirarsi definitivamente dal calcio giocato, all’età di soli 30 anni.
Questi sono solo alcuni esempi di una lista ben più nutrita. Per quanto sia opinione diffusa che gli sportivi vogliano competere quanto più a lungo possibile, sia per la passione che hanno verso la loro disciplina, sia per i guadagni che ne ricavano, sono in diversi a dire basta prima del tempo. Guai fisici, fragilità psicologica, mancanza di stimoli o la semplice soddisfazione di aver raggiunto il massimo traguardo possibile: i motivi possono essere numerosi, ma in ogni caso quando un atleta professionista annuncia il suo ritiro prematuro dall’attività agonistica è sempre un momento carico di emozione.