Un viaggio nella storia e nella musica di Fabrizio De André, nonché nella memoria di chi lo ha conosciuto e amato. È quanto si propone l’evento organizzato l’11 gennaio al Palazzo Ducale di Genova, dove la famiglia del cantautore – a partire dalla compagna Dori Ghezzi e dal figlio Cristiano – insieme a personaggi come Gino Paoli, Mauro Pagani, Neri Marcoré o Fabio Fazio, che hanno vissuto da vicino De André, lo ricorderanno in occasione dell’anniversario della sua morte.
Vent’anni senza Faber. L’11 gennaio 2019 ricorrono infatti due decenni dalla scomparsa di Fabrizio De André, riconosciuto come uno dei più celebri e rappresentativi cantautori italiani di sempre. Poeta, cantante, scrittore: un’anima poliedrica, tormentata, impossibile da racchiudere nella gabbia di una definizione universale. Nato a Genova il 18 febbraio 1940, in quasi quarant’anni di attività ha inciso 14 album in studio, insieme a diversi singoli e canzoni poi raccolte in antologie.
I suoi testi, considerati già da decenni di una rara bellezza, sono stati inseriti nei libri scolastici di letteratura a partire dagli anni Settanta. Tra le tematiche ricorrenti, sicuramente Faber aveva una predilezione per l’universo femminile, raccontato nelle sue molteplici sfaccettature: la santa per eccellenza (Maria madre di Gesù), la puttana, la ragazza ingenua sedotta e tradita. Forse la più celebre figura femminile cantata da Faber, così famosa da essere diventata di uso comune nella lingua italiana, è Bocca di Rosa: la prostituta gentile, che accontentava tutti gli uomini del paesino non per denaro, non per evasione, ma per bontà e per passione.
C’è chi l’amore lo fa per noia
Chi se lo sceglie per professione
Bocca di rosa né l’uno né l’altro
Lei lo faceva per passione
Le puttane cantate da De André sono paragonate a creature del Paradiso, probabilmente perché in vita hanno già sperimentato sia il Purgatorio che l’Inferno: sono spesso denigrate dalle altre donne, dalla società, e grazie a Faber rinascono e aspirano alla “santificazione”. È il caso di Bocca di Rosa, ma anche di Barbara. Altre volte, come nel caso di Fernanda Farias de Albuquerque, la transessuale di Bahia cantata in Princesa, ricevono in dono dal cantautore ligure un futuro felice, diverso da quello drammatico che hanno avuto nella vita reale. O ancora, come accade per Jamin-a (che si dice sia dedicata alla sua seconda compagna di vita Dori Ghezzi), De André immagina una figura che forse è più simile a un sogno o una speranza, piuttosto che una donna in carne e ossa, che è un porto di conforto per i marinai in balia delle tempeste.
Ma le prostitute rappresentano solo una parte (forse quella più famosa) del mondo femminile celebrato nelle sue canzoni. De André dedica i suoi testi anche alle bambine, dove le bambine non sono infanti o poco più, ma giovani fanciulle unite dall’ingenuità, dalla spensieratezza e dalla consapevolezza che l’amore è la forza più potente di tutte. Tra queste vi sono Teresa, la ragazza cantata in Rimini, Nina, l’amica d’infanzia di Faber, l’ammaliatrice e salvatrice Sally, ma anche Nancy e Angiolina, la cui storia è scritta in Volta la carta.
Infine, l’ultima macro-categoria femminile di cui il cantautore genovese ha voluto parlare: le sante, o le donne rese tali dalla sua interpretazione. La Maria di De André, a cui l’autore ha voluto dedicare un intero album (La buona novella), è innanzitutto donna e madre, prima che sposa di Dio: il cantautore la celebra nella sua versione umanizzata. O ancora Giovanna d’Arco, l’eroina bruciata sul rogo, che pare rimpiangere la vita a cui ha voltato le spalle, il matrimonio e una vita lontano dalla guerra. Indimenticabile, poi, Marinella, la prostituta 16enne uccisa e gettata in un fiume, di cui De André ha voluto riscrivere la vita, concedendole un finale diverso e meno amaro (e che ha concesso al cantautore stesso popolarità e fama).
Ragazze di paese, amiche, amanti. Le donne di De André sono tutte diverse, eppure connotate da una qualità che le unisce: posseggono caratteristiche apparentemente contrastanti, ma che nella visione di Faber coesistono e, anzi, si compensano, a ritrarre figure femminili sofisticate e complesse.