Impugnava un tubo di metallo a mo’ di pistola per le strade di Brooklyn (New York), seminando il panico tra i passanti. È così che, dopo aver ricevuto tre diverse segnalazioni, gli agenti di polizia accorsi sul posto si sono visti costretti a sparare al 34enne afroamericano Saheed Vassell, uccidendolo. L’uomo, identificato dal padre, soffriva di problemi psichici. Naturalmente, la reale natura di quella che a tutti gli effetti pareva essere un’arma da fuoco si è potuta appurare solo a seguito della morte della vittima. In più, come ha raccontato il portavoce della polizia Terence Monahan, «mentre gli agenti si avvicinavano il sospetto ha stretto la presunta pistola con due mani assumendo una posizione di tiro».
Police claim the man they gunned down "took a two-handed shooting stance" and aimed a metal pipe at them https://t.co/2D59LV4EQC pic.twitter.com/XjyV70ZamZ
— New York Daily News (@NYDailyNews) April 5, 2018
Vassel comunque non era nuovo alle forze dell’ordine, che già in passato lo avevano fermato più volte classificandolo come «emotivamente disturbato». Ma quanto ne sapevano di lui i singoli agenti che hanno aperto il fuoco? A chiederselo sono in primis i familiari di Vessel, ex saldatore, che lascia un figlio di quindici anni. «Viveva in chiesa e non ha mai avuto una pistola», ha detto la zia. «Lo hanno ucciso senza motivo, era un bravo ragazzo», ha aggiunto un cugino. Secondo quanto riporta il New York Times, il 34enne era un volto familiare nel quartiere di Crown Heights, «conosciuto da tutti i poliziotti».
Negli States la vicenda ha già riacceso il dibattito sulle violenze perpetrate ai danni della popolazione afroamericana da parte degli uomini in divisa. L’ultimo episodio risale al 18 marzo scorso, quando un altro ragazzo di colore, il 22enne Stephon Clark, era rimasto ucciso mentre si trovava nel giardino della nonna a Sacramento, in California. Anche in quel caso gli agenti avevano scambiato per una pistola un oggetto di tutt’altra sorta, ossia un semplice cellulare. (av)