«Mi dimetto, ma non mollo». Non è certo un addio al ruolo di leader politico quello digitato da Matteo Renzi sulla sua enews nel giorno in cui vengono formalizzate le sue dimissioni. Al Nazareno, sede romana del Pd, la Direzione ha preso atto della scelta dell’ormai ex segretario che dopo la sconfitta alle politiche ha dichiarato di volere fare il senatore.
Maurizio Martina, segretario reggente del Pd ha così iniziato il suo primo intervento da successore di Renzi. «Con il vostro contributo cercherò di guidare il partito nei delicati passaggi interni e istituzionali a cui sarà chiamato. Lo farò con il massimo della collegialità e con il pieno coinvolgimento di tutti». In attesa di capire quando avrà luogo un nuovo Congresso, Martina ha indicato la necessaria convocazione di una «commissione di progetto per una fase costituente e riorganizzativa» del Pd.
Sul tavolo della Direzione del Pd è stata bocciata qualsiasi apertura anche soltanto a un appoggio esterno per far nascere un governo grillino o del centrodestra. «A Lega e Cinque Stelle dico: i cittadini vi hanno votato per governare, ora fatelo», ha detto Martina, chiudendo così a un’ipotesi ventilata da Michele Emiliano. «Il Pd può decidere se far unire il Movimento e Salvini – queste le parole del Governatore della Puglia – o se si può provare a concordare punti chiave, con un sostegno esterno ai Cinque Stelle».
Sul ruolo imminente del Pd per la formazione del prossimo governo si è espressa anche Forza Italia, con Silvio Berlusconi che spera in un appoggio dem esterno; è contrario invece il leader della Lega Matteo Salvini, secondo il quale «gli italiani non ci hanno votato per riportare Renzi al governo». Parlando di fronte a un gruppo di studenti presenti al Quirinale, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha infine sottolineato il fatto che «le sorti dell’Italia sono comuni». La dichiarazione è stata letta come un appello a una presa di responsabilità da parte di tutte le forze politiche, sia vincitrici che sconfitte dopo il 4 marzo. (a.d)