Slitta la riforma dell’ordinamento delle carceri, discussa questa mattina durante il Consiglio dei Ministri. Sono i tre i decreti attuativi approvati in via preliminare, riguardanti minori, lavoro e giustizia.
«E’ un lavoro in progress – ha dichiarato il premier Paolo Gentiloni – lavoriamo con strumenti diversi con l’obiettivo innanzitutto che il sistema carcerario contribuisca a ridurre il tasso recidiva da parte di chi è condannato per reati».
Contrariato da quanto stabilito è il coordinamento nazionale dei Garanti regionali e territoriali dei detenuti. «La decisione del Consiglio dei ministri di non approvare il testo di riforma dell’Ordinamento penitenziario ci lascia attoniti e sbalorditi – si legge in una nota – Il Presidente del Consiglio Gentiloni e il ministro di Giustizia Orlando annuncino subito la convocazione di un Consiglio dei Ministri straordinario in modo da garantire la conclusione dell’iter entro il 23 marzo. Se non sarà così si assumeranno la responsabilità delle conseguenze imprevedibili che si verificheranno nelle prossime ore e giorni».
Sarà, infatti, affrontato nel prossimo Consiglio dei ministri il via libera al decreto complessivo che ridisegna l’ordinamento. «Noi – ha spiegato il premier – lavoriamo con strumenti diversi, innanzitutto con l’obiettivo che il sistema carcerario contribuisca a ridurre notevolmente il tasso di recidiva da parte di chi è accusato o condannato per reati».
Dura anche la reazione dell’associazione Antigone, che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale. «Siamo delusi. Speravamo che non vincessero la tattica e la preoccupazione elettorale. Oggi si è sprecata un’occasione storica per riformare le carceri italiane – ha dichiarato il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – La legge che le governa risale al 1975. Il Consiglio dei Ministri di stamattina poteva adeguarla alle esigenze del mondo attuale. Poteva garantire una maggiore tutela del diritto alla salute fisica e psichica. Ha invece preferito farsi spaventare dall’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale piuttosto che pensare alla tutela dei diritti dei detenuti. Ma la speranza non è del tutto persa. Speriamo che anche dopo le elezioni le autorità vogliano portare a compimento una riforma storica».