4 marzo 2018, a meno di sorprese dell’ultimo minuto è questa la data scelta dai partiti per le prossime elezioni politiche. Ieri, dopo un incontro al Colle tra il Presidente Mattarella e il governo sembra che l’accordo sul giorno in cui l’Italia è chiamata alle urne sia quasi certo. La strada verso il voto è però segnata da alcuni passaggi fondamentali per garantire la stabilità del paese: primo fra tutti, l’approvazione il prossimo 22 dicembre della legge di Bilancio.
Secondo la Repubblica e il Corriere della Sera, l’accordo sul 4 marzo sarebbe stato raggiunto dopo confronti ufficiosi tra i partiti.
Per il premier Paolo Gentiloni l’obiettivo è quello di concludere la legislatura, la diciassettesima dell’Italia repubblicana, in modo ordinato. Gli step successivi al varo della manovra comporterebbero lo scioglimento delle Camere da parte del Capo dello Stato, ipoteticamente tra Natale e Capodanno (il 27 o 28 dicembre? Probabilmente dopo la conferenza di fine anno di Gentiloni). In questo modo si darebbe il tempo per la pubblicazione della legge di Stabilità in Gazzetta Ufficiale. Porre fine alla legislatura a fine anno metterebbe quindi al sicuro il governo dai vari intoppi parlamentari.
Allo scioglimento anticipato di Camera e Senato però, non dovrebbero seguire le dimissioni di Paolo Gentiloni, che secondo le ipotesi potrebbe dichiarare solo “esaurito” il suo mandato. In questo modo l’attuale capo del governo potrebbe essere chiamato a gestire la lunga transizione politica che potrebbe seguire alle elezioni nel caso di mancato raggiungimento di una maggioranza o di un accordo di governo tale da garantire la stabilità al paese. Una scelta di cautela, dunque, quella di Mattarella, visti anche i precedenti spagnoli e tedeschi. Le dimissioni di Gentiloni arriverebbero in tal caso solo dopo che le nuove Camere, e il nuovo governo, si insedieranno.
Nella storia politica italiana esistono altri due precedenti di scioglimento del parlamento senza dimissione dei presidenti del consiglio, come scrive Il Corriere. Nel 2001 fu il governo Amato II, seguito nel 2006 da quello Berlusconi.
Nelle ultime ore intanto sono arrivati anche i primi commenti sul 4 marzo. Matteo Salvini si è dichiarato favorevole. «Prima si vota, meglio è», ha affermato, aggiungendo: «di voler votare lo stesso giorno anche per le regionali». (CS)