Il Tribunale di Milano ha assolto sette rom per l’occupazione della baraccopoli di via Cima a Milano, sgomberata il 15 marzo 2015. Ai ai nomadi era stato contestato il reato di “invasione di terreni ed edifici” compiuto “insediandosi all’interno di baracche fatiscenti utilizzate come dimora abituale”.
Gli imputati sono stati assolti perché “il fatto non costituisce reato”. Maura Sianesi, legale della Comunità di Sant’Egidio, che ha difeso i sette rom durante il processo, ha invocato lo «stato di necessità, per salvaguardare il diritto fondamentale all’abitazione». I sette rom hanno occupato la baraccopoli «per poter riparare se stessi e le famiglie con bambini, in assenza di effettive alternative possibili e senza causare danni a nessuno». Il terreno su cui sorgevano le baracche era ed è, infatti, inutilizzato.
La baraccopoli di via Cima, seguita dai volontari di Sant’Egidio da quattro anni, era abitata da otto famiglie. I bambini risultano iscritti regolarmente a scuola, dall’asilo nido alle superiori. La Comunità di Sant’Egidio aveva avviato anche dei percorsi di inserimento lavorativo per gli adulti.
«La sentenza – dichiara la Comunità di Sant’Egidio – è importante perché è un forte “stop” alla criminalizzazione della povertà. Le otto famiglie vivevano nelle baracche non per scelta ma per la povertà e l’assenza di alternative». Oggi, grazie al sostegno di Sant’Egidio, tutte le otto famiglie vivono in casa, continuano la scolarizzazione dei figli e in ciascuna almeno un componente lavora.
La sentenza è l’occasione per ribadire due urgenze, secondo il presidente milanese della comunità cattolica: «Serve attuare la Strategia Nazionale di Inclusione per Rom, Sinti e Caminanti, approvata nel 2012 e di fatto sostanzialmente inapplicata da allora; occorre garantire i diritti dei baraccati e dei poveri, con particolare attenzione a quelli dei minori». (MZ)