Per una volta a piangere l’Italia non sarà da sola. Infatti se il “tremendo sorteggione” di fantozziana memoria per l’assegnazione dell’agenzia europea del farmaco (Ema) ha penalizzato Milano a vantaggio di Amsterdam, anche la Germania non ha di che esultare: la sua Francoforte, che la Merkel sperava potesse diventare la nuova sede dell’Autorità bancaria europea (Eba), al sorteggio non ci è neppure arrivata fermandosi al secondo turno di votazioni. Gode invece Parigi, che nella lotteria finale ha prevalso su Dublino.
Ma tornando alle vicende teutoniche, nonostante l’economia tedesca non accenni a diminuire la sua spinta con il +1,8 del Pil stimato dall’Fmi per il 2017, per la prima volta s’intravede una crepa nella stabilità politica di Berlino. Per anni le preoccupazioni in sede europea sono state rivolte all’Italia, un paese dilaniato dalle divisioni e definito “ingovernabile”. Mentre nella penisola ci si avvia al termine di una legislatura che nel 2013 in pochi avrebbero pronosticato così duratura, in Germania a due mesi dal voto di settembre ancora non si batte chiodo per la formazione del nuovo governo.
All’indomani del trionfo dell’ultradestra di Alternative Fur Deutchland (13% delle preferenze), preso atto del niet alla Große Koalition del partito socialista di Schulz, si è cercato di formare la coalizione “Giamaica” tra i verdi, la Cdu della Merkel e i liberali del giovane leader Christian Lindner. Impresa rivelatasi tutt’altro che semplice per l’impossibilità di trovare una sintesi nel programma di governo tra l’ala più conservatrice dei liberali e i verdi. A far saltare il tavolo è stato proprio Lindner: «Meglio non governare, piuttosto che governare male». Così la Merkel ora si ritrova con il cerino in mano, con le alternative a disposizione ristrette a un poco invitate governo di minoranza con i liberali oppure un ritorno alle urne pieno d’incognite, con il serio rischio di ritrovarsi tra le mani una situazione anche peggiore di quella attuale.
I margini di trattativa paiono pochi, mentre Angela minaccia di portarsi a casa il pallone e di riportare tutti alle urne, il presidente della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier, ha provato a giocare l’ultima, disperata carta per riportare tutto all’ordine. «Chi si candida per assumere la responsabilità politica, non può tirarsi indietro quando ce l’ha nelle mani», ha tuonato il capo dello Stato, «non si può semplicemente rimandare indietro la responsabilità ai cittadini». In Europa si guarderebbe «con grande preoccupazione al paese più forte economicamente se le forze politiche non fossero in grado di prendersi le loro responsabilità». La palla ritorna ora ai partiti.