L’Italia, una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Ma forse così democratici non lo siamo affatto. 60 punti su 100. È il punteggio che declassa il nostro Paese, per la prima volta nella sua storia a “spazio civico ostruito”. Una categoria che certifica un deterioramento delle libertà di stampa e di partecipazione democratica. Come l’Ungheria di Viktor Orban, non proprio un esempio virtuoso di libertà di pensiero. Questo è il verdetto del report annuale di Civicus Monitor, la piattaforma di ricerca globale che monitora la salute delle libertà civiche in 198 Paesi e territori. Lanciando un allarme sulla libertà di espressione, un pilastro teorico come affermano questi dati della nostra apparente democrazia.
I criteri
Ma come si misura concretamente la libertà di un popolo? Il verdetto del Civicus Monitor non è il frutto di un’impressione soggettiva, ma il risultato di un rigoroso algoritmo democratico. Il punteggio finale che va da 0 a 100 si poggia su un pilastro fondamentale: il Base Score.

Questo indicatore viene calcolato attraverso la sintesi di tre diverse lenti d’ingrandimento. I “Key Scores“, i dati grezzi e imparziali forniti dalle più autorevoli sentinelle globali. Qui confluiscono gli indici di Freedom House sulla libertà di associazione, i parametri di V-Dem sull’assemblea pacifica e i report di Reporters Sans Frontières (Reporter Senza Frontiere) sulla libertà di stampa. E La “Key Analysis”, componente che valuta i rapporti narrativi provenienti dalle organizzazioni della società civile. È il momento in cui le denunce delle ONG locali, regionali e internazionali diventano dati statistici, offrendo una prospettiva reale su ciò che accade nelle strade e nelle aule di tribunale.
Una democrazia?
Il caso Osama Almasri, lo scontro tra governo e magistratura nella vicenda di Open Arms e il monitoraggio illecito con spyware militari come Graphite e Paragon sono solo alcuni degli episodi che hanno fatto precipitare, secondo il report, il nostro Paese nel corso dell’ultimo anno.
Il caso Almasri

Le autorità italiane sono state al centro della critica per aver liberato e rimpatriato il capo della polizia giudiziaria libica Osama Almasri. Accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini contro l’umanità: omicidio, tortura e stupro, commessi nei centri di detenzione da lui gestiti. Il governo ha giustificato la mancata estradizione con presunte inesattezze procedurali nel mandato internazionale. La Procura di Roma ha avviato un’indagine contro Meloni, Nordio e Piantedosi per il loro ruolo nel rilascio. Sotto inchiesta la possibile dipendenza dell’Italia dalla Libia per frenare gli attraversamenti dei migranti.
La questione Open Arms

Dopo l’assoluzione di Matteo Salvini il 20 dicembre del 2024, il governo ha intensificato gli attacchi contro i giudici, accusandoli di essere politicizzati. Il caso trae origine dalla sua decisione del 2019, in qualità di Ministro dell’Interno, di imporre un divieto di sbarco alla nave Open Arms, che trasportava 147 migranti. Salvini è stato accusato di sequestro di persona e abuso d’ufficio e, se condannato, rischiava una pena detentiva di sei anni. Il partito di Salvini e il governo, incluso il primo ministro, hanno usato il processo come pretesto per attaccare la magistratura, accusandola di essere politicizzata e allineata con organizzazioni non governative e di favorire migrazioni di massa incontrollate.
Spyware Graphite
Nel febbraio 2025 sono emerse notizie secondo cui il giornalista investigativo Francesco Cancellato, che aveva denunciato elementi filofascisti nell’ala giovanile del partito del Primo Ministro Giorgia Meloni, insieme agli attivisti Husam El Gomati e Luca Casarini, che avevano criticato la complicità dell’Italia nelle violazioni dei diritti umani in Libia, erano stati presi di mira da Graphite, uno spyware di livello militare venduto esclusivamente ai governi.
Il 5 febbraio, il governo italiano ha confermato che sette utenti di telefonia mobile nel Paese erano stati presi di mira da uno spyware su WhatsApp, definendo l’incidente «particolarmente grave». L’ufficio del Primo Ministro Meloni ha negato il coinvolgimento e ha incaricato l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Informatica (ACN) di indagare. Secondo quanto riportato dai media, l’azienda israeliana Paragon, che ha sviluppato il software di spionaggio, ha interrotto i rapporti con i suoi clienti italiani, tra cui un servizio segreto e un’agenzia delle forze dell’ordine, in seguito alle rivelazioni.