I giudici di Hong Kong hanno emesso il verdetto contro Jimmy Lai, editore e attivista pro-democrazia: è colpevole di “cospirazione con forze straniere” e di “pubblicazione di materiale sedizioso”. Ora rischia il carcere a vita.
Jimmy Lai, attivista e imprenditore
Lai, 78 anni, è uno dei personaggi più noti di Hong Kong. Imprenditore, editore, e uno dei più noti e ferventi sostenitori e attivisti democratici. Secondo le accuse, che concludono un caso che dura da cinque anni, Lai avrebbe chiesto agli Stati Uniti e al Regno Unito (di cui ha la cittadinanza) di imporre sanzioni contro la Cina. Avrebbe anche contribuito all’organizzazione delle grandi proteste per la democrazia che hanno scosso Hong Kong nel 2019. I sostenitori dell’attivista dicono che il verdetto segna definitivamente la fine della libertà di pensiero e di stampa in una città che fu una delle prime in Asia a vivere una grande crescita.

La difficile storia di Hong Kong
Hong Kong è sempre stata meta di emigrati dalla Cina e dal Vietnam nel corso della storia, fatto che ha contribuito all’aumento della manodopera disponibile e quindi alla produzione interna. Per tutti gli anni ‘50 e ‘60 Hong Kong crebbe grazie all’industria divenendo una delle regioni più ricche dell’Asia. Rimasta sotto il controllo inglese per 99 anni come colonia, nel 1984 fu soggetto di un accordo tra Londra e Pechino che prevedeva la formula “un Paese due sistemi”. Il sistema economico socialista cinese non sarebbe stato applicato al territorio, con la promessa di rispettare per 50 anni il sistema legale esistente. Nel 1997 Hong Kong si dotò di una propria costituzione entrando poi a far parte della Cina come regione amministrativa speciale.
Le proteste e l’arresto di Lai
I cittadini di Hong Kong hanno però continuato a lottare per una maggiore democrazia all’interno del proprio territorio. Cosa che la Cina cerca di evitare per mantenere più controllo possibile su uno dei poli finanziari ed economici mondiali. Dal 2019 iniziò un periodo di lotte per Hong Kong. Le manifestazioni furono molto dure e vari attivisti furono arrestati. Jimmy Lai fu arrestato il 10 agosto 2020 dalla polizia di Hong Kong con l’accusa di aver violato la nuova legge sulla sicurezza nazionale del territorio, un’azione che suscitò critiche diffuse. Da allora è entrato e uscito dal carcere, fino alla condanna di oggi.

La fine della libertà di parola
I gruppi internazionali dei diritti umani hanno condannato il verdetto del tribunale di Hong Kong come un’ulteriore prova della perdita di libertà di parola. Amnesty International China ha illustrato come le ultime leggi sulla sicurezza siano state fatte per silenziare le persone. In questo solco si colloca anche la chiusura del Partito Democratico, il più grande partito di opposizione, già escluso dalla legislatura da quando Pechino ha imposto nel 2021 un test di lealtà ai parlamentari.
Il futuro di Jimmy Lai e Hong Kong
La condanna di Lai è arrivata in settimane complicate per Hong Kong. A fine novembre almeno 160 persone sono morte nel grave incendio di un complesso residenziale. Il governo locale ha deciso preventivamente di reprimere il dissenso, per evitare che la rabbia e la commozione si trasformino in un movimento politico, come successo in passato anche grazie a Jimmy Lai. Ora il futuro dell’attivista dipende in parte dalla diplomazia. Convinto sostenitore di Trump, Lai era stato anche in contatto con il presidente degli Stati Uniti durante il primo mandato. Il tycoon, e il primo ministro inglese Starmer, hanno già cercato di liberare Lai in passato, ma i tentativi erano stati deboli. Ora il destino di Lai, che è intrecciato a quello di Hong Kong, è un banco di prova per le grandi democrazie occidentali per sostenere il valore della democrazia.
