I giornalisti uccisi a causa del loro lavoro sono 67, di cui quasi la metà hanno perso la vita a Gaza dall’esercito israeliano (Idf). Il bilancio annuale – dal primo dicembre del 2024 a quello del 2025 – rilasciato da Report senza frontiere (Rsf) è maggiore rispetto a quello dell’anno scorso, che aveva registrato 54 uccisioni.
«Non sono state vittime collaterali. Sono stati uccisi, presi di mira per il loro lavoro», si legge nel commento rilasciato da Thibaut Bruttin, direttore generale di Rsf.
Dei 67 professionisti dell’informazione uccisi, il 79% di loro è stato vittima di forze armate o gruppi paramilitari (37 giornalisti) e reti criminali (16 giornalisti).
Giornalisti in manette e il caso italiano Alberto Trentini
Se il numero dei giornalisti uccisi è preoccupante, lo è anche il numero di coloro finiti in manette. Secondo le ricerche di Rsf – fatte nello stesso periodo – sono 503 i reporter detenuti in 47 paesi in tutto il mondo. A guidare questa (triste) classifica c’è la Cina (121), seguita dalla Russia (48) e poi Myanmar (47). La Russia, invece, imprigiona più giornalisti stranieri di qualsiasi altro stato (26), seguita da Israele (20).

«Merce di scambio, pedine nei giochi diplomatici», sono le parole del direttore generale di Rsf nei confronti delle detenzioni ingiustificate. Queste parole fanno venire in mente l’ipotesi principale che potrebbe esserci dietro la detenzione del giornalista italiano Alberto Trentini, arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024. Le motivazioni del suo arresto nono sono mai state specificate. Secondo alcune fonti della Repubblica, Trentini sarebbe stato accusato di cospirazione, nonostante non fosse in contatto con gruppi politici in opposizione a Maduro.