Esposto di ActionAid per danno erariale sui centri migranti in Albania

«Uno sperpero ingiustificabile di denaro pubblico». ActionAid ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per denunciare il flop dei centri di rimpatrio in Albania. Obiettivo dell’Ong è far accertare se esistano violazioni nella gestione delle strutture. In parallelo un’altra segnalazione è stata inviata all’Autorità Nazionale Anticorruzione per irregolarità nell’affido dell’appalto di gestione. L’indagine ha rilevato alcune irregolarità finanziarie, come la riallocazione di fondi pubblici destinati anche a sanità e istruzione.

I costi

Il rapporto di ActionAid analizza le inefficienze finanziarie e operative del Protocollo Italia-Albania per la detenzione extraterritoriale dei migranti. Il progetto è partito con uno stanziamento di 39,2 milioni di euro, cresciuti poi a 65, grazie ai finanziamenti del Pnrr ed infine ha toccato quota 73,48 milioni. La competenza del progetto è stata anche trasferita dal ministero dell’Interno e della Giustizia a quello della Difesa.

La Farnesina ha poi pubblicato appalti per un valore complessivo di 82 milioni e firmato contratti per oltre 74milioni. Gli affidamenti sono stati quasi totalmente diretti. Con una capienza reale di 400 posti, la spesa per singolo posto raggiunge i 153mila euro. Un costo che per la Ong non è giustificabile. Il costo dell’allestimento della struttura è di 11 volte superiore a quello del Ctra di Modica, dove la spesa ha superato di poco i 6.400 euro.

La situazione peggiore guardando ai costi giornalieri. Nel Cpr di Gjader il costo è pari al triplo della media dei centri di rimpatrio sul territorio nazionale. Nella struttura di Macomer, Sardegna, i costi per il personale sfiorano i 6mila euro al giorno, mentre in Albania la spesa è stata di oltre 100mila euro. Quasi 18 volte in più.

I fondi e gli appalti

Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid, ha aggiunto che «l’ostinazione nel tenere in vita un progetto inumano, inefficace e giuridicamente inconsistente» con nuovi stanziamenti di denaro pubblico, cambi di competenze e di regole non può essere ridotta ad un mero errore tecnico. I ministeri della Difesa, della Giustizia e della Salute hanno autorizzato spese o firmato contratti per quasi 10 milioni, dirottando in Albania risorse che potevano essere investite sul territorio italiano.

ActionAid mette anche in discussione la trasparenza per l’affidamento dell’appalto di gestione da 133 milioni di euro. Vinto dalla cooperativa Mediohospes dopo una manifestazione di interesse. È risultata essere l’unica tra le tre cooperative selezionate dalla Prefettura di Roma a presentare un’offerta, ma ad oltre un anno dall’assegnazione, non è ancora stato stipulato alcun contratto.

I precedenti con la magistratura

Sin dall’inizio il progetto Albania è stato ha subito diversi stop da parte della magistratura. I giudici hanno sollevato dubbi sulla legittimità e sulla compatibilità dei centri rispetto alla normativa europea vigente. Hanno, quindi, sospeso i giudizi di convalida dei trattenimenti e rinviando la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La Cgue ha poi dichiarato illegittima la procedura, stabilendo che uno stato membro non può designare un Paese terzo come “sicuro” se questo non soddisfa la definizione per l’intera popolazione. Rimane ancora da valutare da parte della Corte Europea se il trattenimento off-shore in un Paese non membro dell’unione rispetti le garanzie del diretto comunitario.

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