I dati Istat parlano chiaro: 13mila nascite in meno rispetto allo scorso anno. In Italia, nei primi sette mesi del 2025, la media di figli per donna giunge ad un nuovo minimo storico. Numeri così bassi, nel nostro Paese, si erano registrati «solo dopo guerre devastanti e per aree specifiche». Così ha parlato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla prima giornata degli Stati generali della Natalità, tenutasi all’Auditorium della Conciliazione. Un discorso che mette in guardia dal progressivo calo demografico, in un Paese che invecchia sempre di più, «che non si rigenera o lo fa soltanto parzialmente». Un Italia in cui «i giovani sono pochi come mai prima».
Politica e religione. Il ricordo di Papa Francesco
Dopo l’ovazione iniziale, Mattarella sceglie di rievocare le parole dell’articolo 31 della Costituzione, affermando che «la Repubblica agevola con misure economiche» la famiglia e «protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù». Dichiarazioni che gli valgono un fragoroso applauso da parte del pubblico. Inoltre, il Presidente ricorda con affetto le parole di Papa Francesco, che, due anni prima, aveva definito la natalità «l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo». Parole pronunciate proprio dallo stesso palco. Partendo da qui, Mattarella sottolinea come, in un Paese in cui i nuovi nati sono la metà di quelli registrati durante le Guerre Mondiali, siano la vita stessa e il nostro futuro a rischiare di venire toccati e limitati.
L’appello alle istituzioni
Affermazioni molto dure, che risuonano come monito, in primo luogo, per la politica e per le istituzioni. Istituzioni a cui, nelle parole del Presidente, spetta un ruolo fondamentale nel contrasto del decremento delle nascite, particolarmente grave nelle isole e nei comuni periferici. L’appello è quello di «porre i cittadini nella condizione di esprimere in piena libertà la loro vocazione alla genitorialità, nell’interesse del bene comune». Il calo della natalità, infatti, non è un fenomeno senza conseguenze: ha effetti immediati «sui conti pubblici e sulla coesione».

Un Paese che non cresce: calo demografico e invecchiamento della popolazione
In Italia, innanzitutto, il primo figlio si fa sempre più tardi: nel 2024, le donne sono diventate madri per la prima volta a quasi 32 anni. Il numero di nati per donna, poi, diminuisce sempre di più. Questo porta inevitabilmente con sé l’aumento dell’età media e la conseguente riduzione della popolazione attiva. Un altro problema è che, in una società, definita dal Presidente Mattarella, «centrata sulla velocità», i giovani rischiano di sentirsi sempre in ritardo su tutto. La forte precarietà e i bassi redditi rendono estremamente difficile ottenere l’indipendenza dai propri genitori e trovare un lavoro che garantisca stabilità e permetta di vivere nelle aree urbane. Per le donne, conciliare vita lavorativa e famiglia risulta spesso impossibile. Le parole del Presidente a riguardo sono chiare: per consentire ai giovani di fare figli occorrono «condizioni adeguate di retribuzione e sviluppo dei servizi sociali».
Non siamo condannati al declino: natalità e integrazione
Un discorso duro e lapidario, quello di Mattarella, ma che non rinuncia ad una fiduciosa apertura alla speranza: «Non siamo condannati al declino, il futuro è nelle nostre mani». Siamo noi gli artefici del nostro stesso destino, le decisioni di oggi condizionano il nostro domani. Questo dovrebbe spingerci a compiere scelte giuste e consapevoli. A tal proposito, il Presidente ci invita a riflettere su come il problema della natalità sia strettamente legato anche all’integrazione dei migranti e delle loro famiglie. Il loro lavoro di cura della casa e dei nostri anziani può essere, infatti, molto utile a contribuire al benessere dell’intera comunità. «Una società consapevole, che sa accogliere le persone, è una società più forte».
Una speranza per il futuro
In questo quadro, desolante ma non irrecuperabile, la Fondazione presieduta da Gianluigi De Palo annuncia la nascita dell’Agenzia per la natalità: un luogo «di confronto, studio e collaborazione» per combattere l’allarme del calo demografico. Nella speranza che, creando condizioni più stabili e reali opportunità, avere figli possa diventare una scelta libera e consapevole, non più un lusso. E che lo Stato possa tornare a generare fiducia nei suoi cittadini: è solo ricominciando a credere nel futuro che si ha il desiderio di generarlo.
A cura di Lucrezia Aprili