Dopo mesi di attacchi reciproci i due rivali si incontrano: Zohran Mamdani, il neo-eletto sindaco di New York, incontrerà Trump alla Casa Bianca. È un momento importante che determinerà il loro rapporto futuro e le dinamiche che si intrecceranno tra la capitale e la città più grande della nazione. Sarà un incontro-scontro come quello con il presidente ucraino del marzo scorso o i due riusciranno a trovare un terreno su cui quantomeno convivere?
Mamdani e Trump
La portavoce di Mamdani, Dora Pekec, sostiene che sia consuetudine per i sindaci appena eletti incontrare il presidente, ma i due predecessori newyorkesi non hanno avuto tale incontro. Mamdani lo ha richiesto. Il 34enne di origini ugandesi e indiane, democratico socialista, non teme i possibili attacchi del presidente. Lo ha fatto capire durante la campagna elettorale e lo ha sottolineato quando ha vinto le elezioni: «Trump, lo so che stai guardando, ho quattro parole per te: turn the volume up (alza il volume)». Da parte sua il presidente degli Stati Uniti lo ha più volte definito un “piccolo comunista” e lo ha preso in giro per il secondo nome, Kwame, sostituendolo con dei punti interrogativi in un post sui social. Mamdani non si scoraggia, «Sono pronto a qualsiasi cosa succeda» afferma. Anche Trump però abbassa i toni in vista dell’incontro: «Troveremo una soluzione». D’altronde non è sfuggito ai giornali americani il commento del presidente a porte chiuse, quando ha definito il neo-sindaco un bravo politico e comunicatore.

La posta in gioco
La partita non è comunque facile. Sebbene Mamdani abbia tutte le carte per non scomporsi davanti agli attacchi di Trump, non può neanche trattarlo con guanti di velluto, per non tradire le aspettative dei newyorkesi. Dovrà portare a casa un risultato, cioè i miliardi di fondi federali necessari per adempiere alle sue promesse, e dovrà farlo senza snaturarsi, senza perdere la verve anti-trumpiana che gli ha fatto guadagnare più di un milione di voti. In campagna elettorale Mamdani ha promesso di ridurre il costo della vita: alzare gli stipendi medi e tassare i super-ricchi, congelare gli affitti per quattro anni e istituire dei mercati comunali con prezzi calmierati, rendere gli autobus gratuiti e garantire l’assistenza all’infanzia per tutti.
Un elettorato condiviso: lo snodo del carovita
C’è un punto che rende questo incontro ancora più interessante. Mamdani e Trump condividono una parte di elettorato. Uno su dieci elettori newyorkesi di Trump hanno votato per Mamdani. È quella parte di elettori che chiede di risolvere il carovita. Sono quei cittadini disperati per i prezzi e che non guardano più, o non solo, all’ideologia politica ma alla risoluzione di problemi quotidiani. Il salario minimo vitale nel 2025 è superiore a 30 dollari l’ora a Manhattan (33,89 dollari), nel Queens (31,31 dollari) e a Staten Island (30,68 dollari). Oggi il salario minimo è 16,50 dollari l’ora. Trump è in difficoltà sul carovita: un numero sempre crescente di repubblicani (secondo l’emittente conservatrice Fox) lo incolpa per l’aumento dei prezzi. Magari il presidente farà una delle sue giravolte e sceglierà di collaborare nel tentativo di recuperare gli elettori disillusi. Oppure attaccherà Mamdani minacciando di togliere i fondi per farlo raffreddare sulle posizioni più estreme. È tutto da decidere. È un’altra partita che si gioca nello Studio Ovale.
