Costruire una «città umanitaria» per 600 mila gazawi sulle rovine di Rafah. Questo è il piano presentato dal ministro della difesa israeliano Israel Katz. Il progetto riguarda tutta la Striscia e l’esercito dovrà occuparsi dei dettagli della realizzazione. L’idea è stata condannata apertamente: palestinesi, nazioni arabe, le Nazioni Unite ed esperti di diritti umani la hanno paragonata ad una pulizia etnica. Il progetto si riflette anche in un cambio di potere all’interno del territorio di Gaza.
Il progetto

Come ha spiegato Repubblica, il piano del governo israeliano è di iniziare – con la firma della tregua a Doha – la predisposizione della costruzione sulle rovine di Rafah. Sempre in base a quanto affermato da Katz, la «città umanitaria» intende accogliere i 600 mila sfollati da Al-Mawasi, dopo aver superato uno screening di sicurezza. «Una volta entrati non potranno più uscire». L’obiettivo, spiega il ministro, è concentrare lì tutta la popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Il progetto è coordinato dall’ex comandante delle forze armate Amir Baram. Il compito dell’esercito sarà poi quello di garantire solo la sicurezza esterna del perimetro cittadino, non dovrà intervenire all’interno della nuova città. Così come non controllerà la gestione degli aiuti umanitari.
Il piano di emigrazione
Katz ha anche parlato di voler attuare un «piano di emigrazione volontaria». L’intenzione di voler perseguire questa strada è testimoniata da quanto riferito dal Financial Times. Nelle scorse settimane, aveva riportato che la società Boston Consulting Gruop (BSG), già implicata nella fondazione della Gaza Humanitarian Fundation, ha studiato un modello finanziario per ricollocare al di fuori della Striscia circa 500 mila palestinesi. Il progetto prevede il pagamento di 9 mila dollari a persona per “facilitare” lo spostamento.
La presenza di Hamas

Dopo due anni di guerra la struttura di Hamas è stata praticamente smantellata. Come riferisce alla BBC, da un funzionario delle forze di sicurezza: «Siamo realistici: non è rimasto quasi nulla della struttura di sicurezza. La maggior parte dei leader, circa il 95%, sono ormai morti. Le figure attive sono state tutte uccise». Il vuoto di potere ha portato l’organizzazione paramilitare a perdere il controllo di circa 80% del territorio della Striscia. Lo spazio lasciato da Hamas è stato subito colmato da bande armate locali che Israele ha usato con disinvoltura per infliggere ancora più danni al suo nemico. Uno dei clan che potrebbe sostituire Hamas è quello guidato da Yasser Abu Shabab, figura che ha attirato l’attenzione dell’Autorità Nazionale Palestinese e degli attori regionali, dopo che Israele ha confermato di fornirgli armi. Di origini beduine, Shabab ha affermato che Hamas è un’organizzazione «vile e spregevole, la cui fine è vicina. Siamo gruppi che combattono il terrorismo nella Striscia di Gaza», ha dichiarato l’uomo che Hamas ha bollato come traditore.