La maledizione di Tutankhamon, un’ombra antica che si sarebbe insinuata nei polmoni di chi avesse osato profanare la tomba del faraone trasformando la polvere in veleno, potrebbe ora curare la leucemia. Dietro il mito, si sarebbe nascosto in realtà l’Aspergillus flavus, un fungo le cui tossine possono scatenare gravi infezioni polmonari. Un team di scienziati dell’Università della Pennsylvania ha ingegnerizzato una componente del micete in potenti molecole antitumorali, le asperigimicine. Lo stesso microrganismo che in un secolo avrebbe ucciso diversi studiosi oggi potrebbe quindi salvare migliaia di vite.
La maledizione del faraone
Era il 26 novembre 1922 quando l’egittologo britannico Howard Carter, archeologo quasi per caso, aprì la tomba di Tutankhamon, giovane faraone della XVIII dinastia. Al suo fianco c’era Lord Carnarvon, il finanziatore degli scavi. Insieme, misero a segno una delle scoperte più importanti della storia dell’Antico Egitto. Quando, pochi mesi dopo l’ingresso nella tomba, Carnarvon morì a causa di un’infezione mal curata, iniziò a circolare la teoria della “maledizione del faraone” che, secondo la leggenda, avrebbe colpito anche altri membri della spedizione con morti improvvise e misteriose.
Come accade in ogni mito, anche questa storia partiva da un fondo di verità. Nei luoghi di sepoltura dei sovrani egizi non era raro trovare iscrizioni in geroglifico, formule magiche per proteggere il riposo del defunto e ammonimenti destinati a scoraggiare i profanatori.

Negli anni ’70, la leggenda delle maledizioni dei sovrani tornò a farsi sentire con forza quando un gruppo di dodici scienziati aprì la tomba del re polacco Casimiro IV. Nel giro di poche settimane, dieci di loro morirono misteriosamente. Solo successivamente se ne scoprì la causa: l’Aspergillus flavus, un fungo, capace di di proliferare negli ambienti umidi e poco ventilati, destinato a diventare famoso per i suoi effetti devastanti sulle colture alimentari e per la sua capacità di provocare infezioni mortali.
La svolta medica
Quello che un tempo era soltanto un simbolo di morte potrebbe però trasformarsi in una risorsa importante. Uno studio pubblicato su Nature chemical biology e condotto da un team dell’Università della Pennsylvania spiega come sia possibile estrarre dal genoma dell’Aspergillus flavus le asperigimicine, molecole capaci di colpire con precisione le cellule della leucemia mieloide acuta. Nei test di laboratorio, queste sostanze hanno mostrato un’efficacia paragonabile a quella dei farmaci più utilizzati contro questo tumore, aprendo la strada a nuove terapie potenzialmente meno tossiche.
Si tratta di peptidi ciclici, prodotti naturalmente dal fungo e poi ingegnerizzati dai ricercatori per diventare farmaci di precisione. La chiave del loro successo è l’aggiunta di particolari lipidi che ne facilitano l’ingresso nelle cellule tumorali, insieme all’identificazione di un gene, l’SLC46A3, che agisce come un “passaporto” molecolare per superare la barriera delle membrane cellulari.

Come ricorda Sherry Gao, docente alla University of Pennsylvania e autrice senior dello studio, la storia dell’umanità è piena di scoperte nate proprio dall’osservazione dei miceti: «I funghi ci hanno dato la penicillina», spiega Gao. «Questi risultati dimostrano che ci sono ancora moltissime altre medicine derivate da prodotti naturali che aspettano di essere scoperte».
Il principio è lo stesso che ha rivoluzionato la medicina nel secolo scorso: trasformare ciò che in natura appare tossico o pericoloso in un alleato potente. Con la differenza che oggi la bioingegneria permette di esplorare il genoma dei microrganismi con una precisione impensabile ai tempi di Fleming. L’obiettivo dei ricercatori è individuare altri cluster genetici dormienti, in grado di produrre nuove molecole capaci di colpire diversi tipi di tumori.